Quella volta che romagnoli e tedeschi ricostruirono la spiaggia. Sadegholvaad ricorda lo tsunami del '64
Il Sindaco di Rimini: 'Noi oggi ancora così: non ci arrendiamo'


Rimini e la provincia hanno saputo rialzarsi dopo la buia settimana appena trascorsa. Il maltempo, come è noto, ha causato ingenti danni e messo alla prova la resilienza di tutta la comunità locale. Nonostante ciò, non è la prima volta che questa terra ha saputo dimostre di avere la pasta per affrontare le avversità con coraggio e determinazione. A sottolinearlo è il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad in una propria riflessione durante una breve visita promozionale a Francoforte per il turismo e l'attività del Palacongressi di Rimini. Il sindaco ha voluto condividere e ricordare una storia che gli era stata raccontata anni fa da un bagnino di Riccione riguardo a un evento tragico del passato, una storia di unione e di aiuto reciproco.
“L'8 giugno 1964 – ricorda il sindaco – un terribile, tragico uragano colpì l'intera costiera romagnola, da Cesenatico a Cattolica, e giù fino ad Ancona. Ci furono morti e tutto un litorale, già approntato per la stagione turistica e con gli alberghi pieni, spazzato via in pochi attimi da quello che era un parente alla lontana di un vero e proprio 'tsunami'. Restava solo una sequenza ininterrotta di macerie, distruzione e una comune sensazione di fine di tutto. I danni stimati furono di parecchi miliardi di lire di allora. Eppure già dal giorno dopo, con le lacrime non ancora asciugate sul viso, i bagnini, i riccionesi, i riminesi, scesero in spiaggia per rimettere subito in ordine, facendosi largo faticosamente e cercando di ridare una forma gradevole a quell'ammasso di legno, detriti, ferro”.
“E questi eravamo noi e siamo noi, ancora oggi. Quello di cui siamo fatti – ricorda Sadegholvaad – Non si può spiegare e non si possono evocare ipotesi antropologiche o culturali: siamo gente che nasconde il dolore dietro al lavoro e alla voglia di ripartire. Ma, continuava il suo racconto quel bagnino riccionese, allora non restammo da soli: furono proprio i turisti tedeschi che la stessa mattina, insieme ai nostri, scesero in spiaggia per rimettere in piedi cabine, pulire, confortare, aiutare. Loro e tanti altri ci fecero il dono della loro vacanza e quella memorabile stagione turistica poté essere salvata immediatamente, tornando in poche ore a una quasi normalità. Ancora oggi, a Riccione, credo si festeggi la festa dell'amicizia italo tedesca nella data di quello spaventoso accadimento di 59 anni fa, l'8 giugno.
Mi viene in mente tutto questo mentre sto volando in Germania e penso al dramma ancora più grande ed esteso di questi giorni. Siamo fatti così: non ci arrendiamo, non aspettiamo neanche che le lacrime si asciughino, abbiamo una tempra speciale in cui la reazione al dolore è l'ottimismo. Ce lo hanno insegnato i nostri nonni, i nostri genitori, continuano a farlo in queste ore i nostri ragazzi, in quella che potrebbe essere un evento di ricostruzione anche 'morale' del nostro Paese come fu l'alluvione di Firenze del 1966.
Ma non possiamo dimenticare l'altro insegnamento che ci viene dal racconto dell'anziano di Riccione: nel 1964 ci hanno aiutati. Furono gli ospiti, gli amici, gli antenati dei giovani che ancora oggi affollano le nostre spiagge e magari verranno proprio qui tra pochi giorni per trascorrere in Riviera la classica vacanza della Pentecoste. Perché allora come oggi saremo pronti tra pochi giorni ad aprire i nostri ombrelloni. Noi romagnoli facciamo da soli ma, e non è una contraddizione, abbiamo insieme bisogno degli altri. Ieri dei turisti tedeschi, oggi delle istituzioni e di tutti gli italiani. Non siamo abituati a chiedere perché siamo fatti così ma anche stavolta dobbiamo sapere che abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti”.