Pietracuta, festeggia 30 anni 'Il nodo', luogo di integrazione e crescita. Presto nascerà una casa famiglia

Trecento chilometri al giorno, ogni giorno, per 30 anni: è la strada che il centro diurno “Il Nodo” ha percoso a fianco delle persone con disabilità della Valmarecchia. Una strada che attraversa i com...

A cura di Redazione
21 novembre 2016 11:36
Pietracuta, festeggia 30 anni 'Il nodo', luogo di integrazione e crescita. Presto nascerà una casa famiglia -
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Trecento chilometri al giorno, ogni giorno, per 30 anni: è la strada che il centro diurno “Il Nodo” ha percoso a fianco delle persone con disabilità della Valmarecchia. Una strada che attraversa i comuni di Novafeltria, Pennabilli, Sant’Agata Feltria, San Leo e Talamello per arrivare a Pietracuta, dove c’è centro diurno della cooperativa “La Fraternità” della Comunità Papa Giovanni XXIII.  Qui trovano “educatori” che hanno scelto di condividere la vita con chi è ai margini della società.

Un luogo dove le persone diversamente abili possono esprimere inclinazioni e talenti. Un luogo in cui le famiglie possono trovare collaborazione per la crescita e l’integrazione dei figli. Ma soprattutto un luogo dove i ragazzi hanno dignità, si sentono parte attiva della società e protagonisti della propria storia. Il 23 novembre 1986 nasceva “Il Nodo” nei locali del Comune di San Leo, per poi trasferirsi nel 1992 all’ex scuola dell’infanzia di Pietracuta, luogo in cui è oggi.

In tutti questi anni è stato un punto di riferimento fondamentale per coloro che nel territorio guardano all’integrazione e al riconoscimento delle persone con disabilità. Il nome stesso indica il legame con il territorio e la volontà di avvicinarsi sempre di più ai bisogni di chi vi abita.

A trent’anni dalla sua fondazione, “Il Nodo” è una struttura certificata e accreditata dalla regione Emilia Romagna. È di quest’anno l’approvazione del progetto – da parte del Comune di Novafeltria – per la costruzione di una casa famiglia che affiancherà il centro diurno come risposta al problema del “dopo di noi”, la preoccupazione dei tanti genitori per il destino dei porri ragazzi quando loro non ci saranno più.

Sottolinea Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da Don Oreste Benzi: “È la casa famiglia il vero ambiente terapeutico in cui persone che arrivano da abbandoni precoci, o con gravi handicap fisici, psichici, sensoriali e relazionali, trovano in persone che diventano riabilitatori a tempo pieno la base sicura per recuperare le capacità specifiche presenti in ognuno ma a volte tenute nascoste.

Don Oreste aveva capito da subito che la persona ha bisogno di relazioni significative, uniche, insostituibili che non possono essere assicurate in un ambiente come quello dell’istituto dove vengono garantiti livelli assistenziali adeguati, ma non quelli di tipo familiare e parentale garantiti da una figura paterna e materna.

Le cooperative sociali e i rispettivi centri diurni, garantiscono quel recupero delle abilità educative ed occupazionali necessarie per ridare dignità a persone fortemente segnate dal disagio.”

“Non sia dato per carità ciò che è dovuto per giustizia” recita il motto del Centro.

Nato per condividere la quotidianità con coloro che erano rinchiusi in casa o che non potevano esprimere le proprie abilità in nessun modo oggi il centro guarda ai suoi prossimi trent’anni con lo sguardo rivolto alle nuove sfide che la società pone di fronte alle persone con disabilità: il coinvolgimento dei giovani attraverso le scuole, il bisogno di un inclusione sempre maggiore in una società che cambia rapidamente, la necessità di rispondere ai bisogni di famiglie che chiedono di avere al proprio fianco professionisti capaci e motivati a condividere la vita con i propri figli, sostenendoli nel progettarne insieme il futuro.

E si augura di percorrere ancora tanti chilometri in giro per la Valmarecchia per andare incontro a chi ha più bisogno.

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