E' fissato per sabato alle ore 10 nella chiesa di Sant'Agostino in via Sigismondo, l'ultimo saluto al tecnico riminese (e prima giocatore) Massimo Gori, da tutti conosciuto con il nomignolo di Bobo perché – come da lui raccontato in passato in una lunga intervista ad Altarimini – “avevo le caratteristiche di Roberto Boninsegna, gli assomigliavo nei movimenti”.
Bobo Gori ci ha lasciato mercoledì in serata colto da un malore improvviso senza che ci fossero segnali premonitori: era in forma, uno sportivo a tutto tondo tanto che al mattino era facile vederlo sul lungomare mentre corricchiava: faceva quella che chiamava la “sudatina”. Nulla lasciava presagire questo evento che ha preso in contropiede tutti e del quale tutti non riescono a farsene una ragione.
Lascia un vuoto incolmabile Bobo Gori e lo si capisce dai tanti pensieri ricchi di affetto, aneddoti che i suoi tantissimi amici gli hanno lasciato sui social da ogni parte d'Italia perchè prima di allenatore Gori è stato giocatore che ha attraversato tutto lo Stivale dalla serie B con il Cagliari di Uribe presidente Gigi Riva fino all'Interregionale, l'odierna serie D. Nei ritrovi cittadini, nei bar è facile che ti imbatti in qualcuno che parla di lui, che l'ha conosciuto.
Messaggi sono arrivati tra gli altri da Guido Angelozzi amministratore delegato del Frosinone e da Fausto Vinti, braccio destro di Giovanni Sartori prima all'Atalanta e ora al Bologna: erano entrambi compagni di squadra di Bobo Gori alla Jesina in serie C2.
Gori non aveva nemici. Certo, con lui potevi scontrarti apertamente, a brutto muso, ma le discussioni avevano sempre un epilogo positivo. Ti sfotteva, ma lo faceva in maniera bonaria, con il sorriso, ti stuzzicava, ti contraddiceva, ti dava la battuta tagliente, ti prendeva in giro e tu lo mandavi a quel paese ma non potevi fare a meno di volergli bene
e di cercarlo per passare insieme una serata perchè era uno di compagnia. Era una persona genuina, sanguigna, solare. Come ha ben scritto su un gruppo social un addetto ai lavori, Gori era un romagnolo verace, con pochi peli sulla lingua, ma al quale potevi dare le spalle senza pericoli.
Bobo Gori a 62 anni aveva ancora dentro la passione del ragazzino che gli fece muovere i primi calci all'oratorio della chiesa di di Sant'Agostino contro i rivali della parrocchia di Santa Rita dove era schierato Gabriele Zamagna, da lì a poco entrambi nel settore giovanile del Rimini Calcio. A fine carriera sotto la guida di Firmino Pederiva, il suo tecnico nella Berretti del Rimini, con Giordano Cinquetti, Gianluca Righetti e lo stesso Zamagna cominciò la sua attività di istruttore in una delle prime scuole calcio del territorio: il Garden. Era la fine degli anni Novanta. In questi lunghi anni Gori ha continuato a coltivare il lavoro di istruttore di Scuola Calcio con Stella, Delfini, Misano, di nuovo il Garden, alternandolo a quello di allenatore di prima squadra e di settore giovanile in tantissime società della provincia tra cui il Bellaria per quattro anni chiamato dall'allora responsabile Aldo Righini.
“Mi piace l’aspetto educativo, insegnare i fondamentali e i primo movimenti, far crescere l’autostima nei bambini affinché chi tra loro andrà avanti possa farlo con il maggior numero di nozioni” raccontava. Aveva progetti, era un vulcano di idee. Stava preparando i camp estivi, aspettava notizie per la prossima stagione di allenatore. Sogni e speranze spazzati via da un destino crudele.
ste.fe.