Le tradizioni del carnevale riminese, quando il martedì grasso si mangiava sette volte

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Manca una settimana all’ultimo giorno di Carnevale e in tutta la Romagna, come in tutta Italia, sono in programma feste e sfilate di carri in maschera. La festa di Carnevale ha origini antichissime, già nell’antica Grecia si festeggiava in onore di Bacco, il dio della vita e del vino. Il cattolicesimo l’ha poi trasformato in una festa che precede il periodo di penitenza della Quaresima.

Da secoli dunque, durante le feste del carnevale ci si maschera e si passano giorni di allegria ed esuberanza per festeggiare la vita e trascorrere un po’ di tempo senza pensieri e restrizioni. Il costume tradizionale dei giovani romagnoli durante l’Ottocento era un camicione bianco che simboleggiava le anime dei morti, con il quale i giovani contadini andavano di casa in casa in cerca di cibo e di vino per festeggiare e divertirsi tutta la notte. Ancora oggi in molte zone della Romagna, ad esempio Forlimpopoli e Misano, si conclude il Carnevale con la festa della Segavecchia, che prende il nome proprio da questa maschera chiamata appunto “ Vecchia”.  

Per dimenticare una vita fatta spesso di stenti, povertà e fame, e in vista delle restrizioni della Quaresima, durante il carnevale si mangiava a crepapelle privilegiando piadina fritta, salsiccia, maiale e dolci come le tagliatelle fritte o le sempreverdi castagnole, fino ad arrivare al martedì grasso quando si mangiava sette volte ed era d’obbligo mangiare la gallina più vecchia, pena, si diceva, la morte di tutto il pollaio. Era poi necessario finire tutta la carne entro la mezzanotte, perché poi seguiva il periodo di Quaresima nel quale ci si astiene dalle carni.

I tempi e le usanze sono cambiate ma non la voglia di divertirsi e di mascherarsi e ancora oggi il martedi grasso è il giorno giusto per divertirsi dando libero sfogo alla fantasia e dimenticando per qualche ora le regole e, perché no, la dieta, mangiando i tradizionali “fiocchetti” o le castagnole rigorosamente fritte. 

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