Ospedale Novafeltria, il comitato rilancia: ‘Tante belle parole, fatti zero’

‘Tanti servizi complementari, ma il servizio centrale, l’ospedale Sacra Famiglia, soffre di gravi carenze’

Insegna ospedale di Novafeltria Sacra Famiglia

di Riccardo Giannini

La Cittadella della Salute è un progetto che può cambiare, in meglio, i servizi sanitari dell'Alta Valmarecchia. L'ospedale Sacra Famiglia di Novafeltria, la Casa della comunità e l'ospedale di comunità, strutture che dovranno dare tutte le risposte possibili alla cittadinanza, in termini di servizi sanitari, e tutte accorpate nei due immobili di via XXIV Maggio, a Novafeltria, che attualmente ospitano il Sacra Famiglia e la Casa Residenza per Anziani.

Ma il rischio è che la Cittadella della Salute rimanga una grande scatola vuota, usando una metafora utilizzata, in merito alle case di comunità, dal ministro della salute Schillaci. Ed è questa la preoccupazione del comitato "Giù le mani dall'ospedale di Novafeltria", i cui componenti si dicono insoddisfatti per gli esiti del consiglio comunale aperto alla cittadinanza, tenutosi al teatro sociale di Novafeltria lo scorso 11 gennaio. 

Il problema è infatti la carenza di personale che affligge la sanità italiana, non solo quella riminese.  Un problema che al momento non ha soluzioni diverse da interventi di riorganizzazione che sembrano più che altro dei palliativi. "In pochi mesi dal Pronto Soccorso dell'ospedale Infermi di Rimini sono andati via undici medici. E a Novafeltria, al Punto di Primo Intervento, abbiamo un solo medico. Siamo in una situazione di difficoltà assoluta", lamentano dal comitato. "È bello sentire parlare di progetti ambiziosi, di investimenti importanti, di ospedale di comunità, ma sono tutti servizi complementari: il servizio centrale, cioè l'ospedale di Novafeltria, presenta gravi carenze. Sentiamo parlare di medici di famiglia che staranno nelle Case di comunità, infermieri di territorio, ma poi mancano medici e infermieri nei reparti dell'ospedale". Le problematiche sono state esposte dai rappresentanti del comitato nel consiglio comunale dell'11 gennaio. 

Il punto di partenza, sollevato anche da Ottavia Borghesi, capogruppo di "Rin-Nova", la forza consiliare di opposizione, è il riconoscimento, da parte della regione Emilia Romagna, dell'ospedale di Novafeltria quale struttura in servizio di un'area disagiata, in applicazione del decreto Balduzzi. Tuttavia la dotazione di personale della struttura non rispecchia questa classificazione: "Un ospedale che copre un'area così vasta, seppur con una popolazione esigua in proporzione, dovrebbe coprire al meglio la rete di emergenza-urgenza, per rispondere alle esigenze di tutta la comunità", lamenta il comitato. 

Detto della situazione del pronto soccorso, il comitato evidenzia nuovamente la carenza di organico del reparto di medicina ("Regge perché c'è il primario, ma mancano medici e infermieri: un problema che denunciamo da più di dieci anni") e la destrutturazione della chirurgia: "Abbiamo due sale operatorie attrezzate, ma non abbiamo i chirurghi. Siamo in balia di Rimini: ci mandano loro i chirurghi, invece dovrebbero essercene tre in servizio, che fanno turnover. Ci eravamo ridotti con un solo chirurgo, poi lo hanno mandato via"

L'Ausl Romagna finisce dunque nel mirino: "Il dg Carradori è stato il grande assente della serata, ma non solo: è sempre assente. A differenza di Tonini e della sua amministrazione, che erano sempre informati su tutti. Anche dalla direttrice del presidio ospedaliero, Francesca Raggi, non sono arrivate risposte, ma solo un generico 'ci informeremo sui tempi di attesa'. Non basta"

Un'altra nota dolente è infatti quella dei tempi di attesa: "Quasi sei cittadini su dieci rinunciano alla cura o fanno affidamento alla sanità privata". Il comitato snocciola nuovamente i tempi medi di attesa: 11 mesi per una colonscopia, 8 per una visita ginecologica, 7 per una gastrocopia. "E per altre prestazioni non ci sono proprio date in agenda". Situazione ben diversa, lamenta il comitato, dal report della Regione sui tempi di attesa: 30 giorni per le visite e 60 per le diagnostiche, obiettivo raggiunto al 100% nella quasi totalità delle prestazioni erogate dall'Ausl Romagna. Una discrepanza sulla quale il comitato ha chiesto chiarezza, ma ciò non è sufficiente. Il comitato chiede alla politica di farsi sentire e chiede fatti, per contrastare questo continuo e inesorabile impoverimento dei servizi sanitari che affligge la vallata.

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