Donna sfigurata con acido: sicario ustionato forse da liquido

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Una vistosa ustione, piuttosto recente, sul lato sinistro del viso. E' quella che ha cercato di coprire, facendosi crescere la barba, Rubin Talaban, l'albanese arrestato ieri dai carabinieri di Pesaro e Chieti a San Salvo, in Abruzzo, chiudendo il cerchio intorno all'agguato dell'avvocatessa Lucia Annibali, 35 anni, sfigurata con dell'acido il 16 aprile scorso nel suo appartamento di Pesaro. Talaban, soprannominato nel suo ambiente 'il Gelido', è considerato il sicario che ha messo a segno l'agguato per conto dell'ex compagno della Annibali, Luca Varani, coetaneo e collega della donna, insieme a un connazionale, Altistin Precetaj, tutti finiti in carcere. Talaban, da Chieti, dovrebbe essere trasferito probabilmente nel carcere di Fossombrone, in vista dell'interrogatorio di garanzia, mentre Varani e Precetaj sono rispettivamente in quelli di Pesaro e Rimini. Ieri, per aver favorito la fuga di Talaban, sono stati arrestati anche due fratelli, sempre albanesi, Arvid e Arlind Apahija. Ma secondo gli investigatori, che oggi hanno tenuto una conferenza stampa, ci sarebbe anche la complicità di un 'colletto bianco', una persona insospettabile, che avrebbe aiutato Talaban durante la latitanza.

Il comandante provinciale dei carabinieri di Pesaro, col. Giuseppe Donnarumma, ha raccontato oggi le fasi dell'arresto di Talaban: "Abbiamo circondato la casa dove si nascondeva, tenendo bene in mente di avere a che fare con una persona altamente pericolosa e dunque anche potenzialmente capace di ricorrere a metodi violenti pur di sottrarsi alla cattura. Che invece è avvenuta in maniera perfetta malgrado l'uomo avesse tentato di fuggire passando per una finestra. L'abbiamo anche denudato per controllare ferite e ustioni e posso dire che Talaban ne presenta una al viso". I carabinieri ritengono che l'ustione sia stata causata da uno o più schizzi di acido durante l'agguato all'avvocatessa. Particolare curioso, Talaban aveva chiuso la sua pagina Facebook qualche giorno dopo l'agguato e l'aveva riaperta per qualche giorno subito dopo, probabilmente su suggerimento di qualcuno. Poi l'ha definitivamente richiusa. Rimane da capire come il presunto mandante, Varani, su cui pende l'accusa di lesioni volontarie gravissime, potesse avere un doppione delle chiavi d'ingresso della casa della donna, in via Rossi 19. Intanto, il Ris di Roma conclude oggi le operazioni di rilevamento di impronte e tracce all'interno dell'appartamento.

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