Ravenna ferma il transito di esplosivi diretti in Israele
Bloccati due container al porto dopo la segnalazione dei lavoratori


Un carico di due container di esplosivi di fabbricazione ceca, in arrivo via treno dall’Austria e destinato al porto di Haifa, è stato fermato ieri alla banchina di Ravenna dopo la segnalazione di alcuni lavoratori al sindaco Alessandro Barattoni. I materiali — che sarebbero dovuti essere imbarcati sulla nave Contship Era della compagnia Zim, in partenza con altri 300 container — non hanno ottenuto il via libera dopo l’intervento degli azionisti pubblici di Sapir (Comune, Provincia e Regione), che hanno chiesto alla società di valutare azioni per impedire il transito di armi dirette in teatri di conflitto.
La decisione segue un precedente analogo del 30 luglio, quando un carico simile transitò senza problemi, e le richieste di chiarimento del 2 settembre rivolte al Ministero dei Trasporti. Poche ore dopo la segnalazione, il presidente di Sapir ha comunicato la «non disponibilità» a far transitare i due container, segnalando così la prima volta in Italia di un blocco di armi nato da un gesto politico-istituzionale.
Le istituzioni locali — sindaco Barattoni, il presidente della Provincia Palli e il governatore Michele de Pascale — hanno definito il passo come un atto di responsabilità verso «vittime innocenti e ostaggi», sottolineando che «ogni azione, compresa l’inazione, è un’azione politica». Critiche e appelli al Governo sono arrivati anche dal mondo politico: la parlamentare Pd Ouidad Bakkali e la segretaria nazionale Pd Elly Schlein hanno chiesto un embargo e controlli più stringenti; il senatore M5S Marco Croatti ha chiesto spiegazioni sull’eventuale elusione delle norme internazionali.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito che «non sono state inviate armi italiane in Israele» e ha affermato di non essere a conoscenza del caso trattandosi di materiali esteri, posizione però contestata dalla Regione Emilia-Romagna che invita a chiudere ogni «eccezione» che permetta il transito di armamenti attraverso porti italiani. L’episodio riapre il dibattito nazionale su responsabilità, controlli doganali e ruolo dei porti nei flussi di materiale bellico.