Rimini, protesta silenziosa davanti al Tribunale: «L’ingiustizia non si archivia». La segnalazione

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A cura di Redazione
25 agosto 2025 09:28
Rimini, protesta silenziosa davanti al Tribunale: «L’ingiustizia non si archivia». La segnalazione -
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In sedia a rotelle davanti al Tribunale di Rimini con un cerotto a tapparle la bocca e in mano un cartello con scritto "L'ingiustizia non si archivia". La segnalazione è arrivata al 3478809485. Una protesta che va avanti da tempo, si legge nel messaggio, e che riguarda le condizioni fisiche della signora. La stessa afferma di avere copiosa documentazione che conferma le sue condizioni ma, nonostante ciò, ha ricevuto una denuncia per truffa.

Di seguito il messaggio arrivato in redazione


Prosegue anche oggi, davanti al Tribunale di Rimini, la manifestazione silenziosa di una donna con invalidità al 100%. Da giorni si presenta in carrozzina, con un cartello bianco tra le mani e un cerotto sulla bocca.
Sul cartello, poche parole: «L’ingiustizia non si archivia».

La sua protesta nasce da una vicenda che non riguarda solo lei, ma chiunque creda nella giustizia. Un anno prima che accadesse, sapeva già che sarebbe stata colpita da una denuncia: una calunnia pianificata, nonostante la sua malattia fosse certificata, conosciuta e documentata. Quando quella denuncia è arrivata, si è trasformata in un’accusa infamante di truffa ai danni dell’INPS.

I controlli sanitari hanno confermato senza dubbio la verità: invalidità totale al 100%. Eppure l’effetto immediato è stato la sospensione dell’assegno di accompagnamento per quasi due anni. Due anni di lotta, dolore, isolamento. Due anni che nessuno potrà restituire.

«Non ho mai nascosto la mia malattia: ci sono venticinque anni di cartelle cliniche, referti, perizie e persino convegni scientifici dove il mio caso è stato discusso. Sono stata sottoposta a controlli e consulenze tecniche disposte dalla magistratura: tutte hanno confermato, senza alcun dubbio, la mia invalidità totale. Esiste persino una sentenza definitiva che lo certifica.

La legge è chiara: chi accusa ha l’onere di farlo su fatti concreti, non su sospetti. Non può esistere “buona fede” quando si denuncia senza alcuna base, ignorando prove e certificazioni già agli atti. La stessa giurisprudenza stabilisce che chi formula accuse senza verificarle agisce con dolo. È per questo che la mia vicenda non può essere archiviata come un equivoco: è una calunnia, ed è giusto che venga perseguita come tale».

La sua voce muta ma determinata richiama oggi istituzioni, magistratura, associazioni e opinione pubblica.
Perché la fragilità non può essere calpestata senza conseguenze.
Perché l’ingiustizia non si archivia.

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