Test antidroga alla guida: sanzioni a rischio annullamento, ecco perché. Il caso a Rimini
Sia con le nuove norme di recente approvazione, sia con quelle vecchie: il caso a Rimini

La recente riforma del codice della Strada voluta dal ministro Salvini sta facendo discutere l’opinione pubblica. In particolare ora la legge dispone il test salivare antidroga per verificare l’assunzione degli stupefacenti, a prescindere dall’eventuale stato di alterazione dell’automobilista. Se questi ha assunto cannabis diverse ore prima di mettersi al volante, rischia comunque di vedersi sospesa la patente, in caso di positività al test.
“La vigente normativa è per questo ritenuta da alcuni colleghi giuristi a rischio di legittimità costituzionale: se non mi trovo sotto l’effetto di stupefacenti e il test salivare la rintraccia, la patente viene sospesa”, commenta Paolo Ghiselli, avvocato del foro di Rimini.
E poi c’è un altro problema: “Mancano i decreti attuativi che disciplinano le modalità del test”. Non c’è dunque bisogno di scomodare la possibile non costituzionalità della norma.
Prima della riforma, infatti, per questo motivo un cittadino si era visto “restituire” la patente, nell’autunno 2024, a seguito di sentenza del Giudice di Pace, intervenuta ad annullare il provvedimento di sospensione per 6 mesi del documento.
Il riminese, assistito legalmente dall’avvocato Ghiselli, era stato fermato dalla Polizia Stradale: a seguito degli accertamenti gli fu contesta la violazione dell’art.187 comma 8. L’automobilista infatti non si era voluto sottoporre al test salivare per accertare l’uso di stupefacenti e quindi lo stato di alterazione durante la guida. Violando dunque il comma 8 della norma.
Davanti al Giudice di Pace, l’avvocato Ghiselli ha eccepito l’assenza di un decreto attuativo del disposto dell’art. 187 comma 8, un’argomentazione accolta dal giudice: “Così come evidenziato dal Giudice stesso nella sentenza in questione, non esiste alcuna specifica procedura da seguire o strumentazione da impiegare espressamente prevista ex lege per quanto attiene agli accertamenti sopra citati”, commenta l’avvocato Ghiselli.
La Prefettura in giudizio ha difeso l’operato delle forze dell’ordine. La mancata emanazione del decreto non costituiva motivo ostativo per impedire al personale sanitario di accertare lo stato di alterazione psico-fisica da assunzione di sostanze stupefacenti del ricorrente, inoltre erano state emesse diverse circolari ministeriali sul tema.
“Tali affermazioni sono state però respinte dal giudice – evidenzia l’avvocato Ghiselli – in quanto risultano contrastanti con una norma primaria, la quale non può assolutamente essere derogata da una circolare di carattere amministrativo, anzi, in virtù del principio della gerarchia delle fonti, è vero solo che lex superior derogat inferiori”.
“L’adozione del decreto ministeriale rappresenta un tassello fondamentale, nonché un vuoto normativo, per quanto riguarda il corretto svolgimento degli accertamenti clinico-tossicologici, strumentali e analitici sui campioni di mucosa del cavo orale, nonché presupposto necessario ai fini della legittimità degli stessi, senza cui non può essere garantito il rispetto della riservatezza personale e dell’assenza di pregiudizio per l’integrità fisica dei trasgressori“, aggiunge. “E lo stesso vale con la nuova legge“.
Si è creato dunque un precedente: anche con la nuova legge, le sanzioni potrebbero cadere nel vuoto senza i decreti attuativi.