Un capolavoro ignorato che nessuno conosce | Il Ponte di San Vito e il suo oscuro passato
Scopri il Ponte di San Vito a Rimini: un capolavoro romano nascosto, tra leggende di Cesare e misteri medievali.

Un gigante romano nascosto tra le campagne di Rimini
A pochi chilometri dal centro di Rimini, nella frazione di San Vito, si erge silenzioso un monumento che custodisce secoli di storia: il Ponte di San Vito, noto anche come “e Puntaz”. Questo ponte, costruito in epoca augustea, faceva parte dell'antica Via Emilia, collegando Ariminum (Rimini) a Placentia (Piacenza). Realizzato con blocchi di pietra d'Istria e calcare rosso ammonitico di Verona, il ponte si estendeva per circa 90 metri e contava almeno otto arcate, superando in imponenza il celebre Ponte di Tiberio.
Nel XIV secolo, Galeotto I Malatesta, signore di Rimini, ricostruì parte del ponte, sovrapponendo un'arcata medievale alle strutture romane. Oggi, questa arcata è l'unica visibile, mentre il resto del ponte giace nascosto sotto strati di terra e vegetazione. Le pietre del ponte furono in seguito utilizzate per la costruzione di edifici storici di Rimini, come il Tempio Malatestiano e la Cattedrale di Santa Colomba.
Il mistero del Rubicone e le recenti scoperte
Il fiume Uso, che il ponte attraversava, è stato al centro di dibattiti storici: alcuni studiosi lo identificano con il leggendario Rubicone attraversato da Giulio Cesare nel 49 a.C., evento che segnò l'inizio della guerra civile romana. Nel 1949, una pietra miliare ritrovata vicino al ponte attribuiva il restauro della strada alla commissione di Augusto nel 2 a.C., rafforzando l'ipotesi dell'importanza strategica del sito.
Nel 2004, scavi archeologici hanno portato alla luce le fondamenta romane del ponte, confermando la sua origine augustea. Nel 2022, l'area è stata riqualificata e trasformata in un parco archeologico accessibile al pubblico, con percorsi illuminati che permettono di ammirare l'antico tracciato della Via Emilia e l'arcata superstite del ponte.
Curiosità
Durante le stagioni secche, emergevano dal letto del fiume blocchi di calcare noti come "Le Genghe", utilizzati dalle donne di San Vito per lavare i panni. Questi massi, parte delle rovine del ponte, testimoniano come l'antico monumento fosse integrato nella vita quotidiana della comunità locale.