Altarimini

A Forlì scoperto metodo per cura infarto

All’ospedale ‘Morgagni-Pierantoni’ di Forlì arriva una speranza in più per l’infarto miocardico. Grazie ad uno studio del reparto di Cardiologia sarà, infatti, possibile aumentare il numero di pazient...

A cura di Redazione
21 aprile 2010 12:13
A Forlì scoperto metodo per cura infarto - 0
Condividi

All’ospedale ‘Morgagni-Pierantoni’ di Forlì arriva una speranza in più per l’infarto miocardico. Grazie ad uno studio del reparto di Cardiologia sarà, infatti, possibile aumentare il numero di pazienti trattati e ridurre i costi. La nuova procedura prevede di associare all’angioplastica più stent coronarico non solo l’abciximab, ma anche gli altri due farmaci antitrombotici esistenti, l’epfitibatide e il tirofiban. Sino ad oggi si riteneva che solo il primo, assai costoso, fosse efficace e sicuro, in quanto verificato su un numero sufficientemente ampio di soggetti. L’equipe del dottor Marcello Galvani, attraverso la tecnica statistica della meta-analisi, ha invece dimostrato, analizzando in modo aggregato tutti gli studi di confronto tra abciximab, eptifibatide e tirofiban, che, rispetto al primo, gli altri due non sono né meno efficaci, né meno sicuri. La scoperta ha rilevanti conseguenze: da una parte, infatti, si potrà allargare la platea dei pazienti trattati, dall’altra si otterrà un significativo risparmio economico, visto che entrambe le molecole alternative costano la metà dell’abciximab. L"American Journal of Cardiology’ ha deciso di pubblicare lo studio forlivese, primo autore il dottor Filippo Ottani, sul numero di luglio. "La mortalità in ospedale o a un mese – ha detto Galvani – dopo somministrazione di tirofiban o di eptifibatide è risultata pari al 3.1% dei 4.603 pazienti trattati, del tutto simile al 3.1% registrato nei 2.646 pazienti con infarto che hanno ricevuto il farmaco più costoso, ovvero l’abciximabIn termini di sicurezza, le emorragie maggiori, documentate durante il ricovero in ospedale, sono risultate del sostanzialmente simili: 8.8% contro il 6.1% nei pazienti trattati con abciximab". Compito dei farmaci antitrombotici, somministrati per via endovenosa durante l’angioplastica, è rendere, infatti, il sangue più fluido, così da garantire un miglior successo dell’intervento. L’unico effetto collaterale di questi farmaci é che, interferendo con il processo della coagulazione, possono provocare sanguinamento. "Il rischio è di solito modesto, e non pericoloso per la vita, tranne che in una modesta percentuale di casi – rassicura Galvani – Inoltre non richiede il ricorso a trasfusioni".

Le migliori notizie, ogni giorno, via e-mail

Altarimini sui social