Arrestato a Rimini e poi rilasciato, boss mafia turca di nuovo nei guai. "Ma non pianificava attentati in Italia"
Era stato arrestato a Rimini, oggi al centro di una nuova indagine
“Non sono emersi attentati programmati in Italia e nemmeno nei confronti delle nostre istituzioni”. Lo ha detto in conferenza stampa il neo procuratore aggiunto di Milano Bruna Albertini, titolare dell’indagine che ha portato all’arresto del presunto boss della mafia turca Baris Boyun, uno dei criminali più ricercati da Ankara, e parte dei componenti della sua rete.
Il pm, che fa parte della Ddda milanese, ha spiegato – come riportato dall’ANSA – che Boyun in “Italia si sentiva protetto in quanto il mandato di arresto proveniente dalla Turchia non era stato avallato” dalla magistratura di Bologna.
Gli attentati emersi dall’inchiesta riguardano una fabbrica di alluminio in Turchia, poi sventato, un noto ristorante e una gioielleria di Istanbul. Boyun, quando era ai domiciliari a Crotone, è stato oggetto di un attentato organizzato dal gruppo criminale rivale.
L’aggiunto Albertini ha spiegato, in merito all’arresto di Boyun nel 2022 nella zona di Rimini, che “non era stato avallato il mandato d’arresto della Turchia dalla Corte d’Appello di Bologna, confermata dalla Cassazione, perché gli elementi forniti dalle autorità turche erano sostanzialmente scarni”. Boyun dall’Italia ha continuato “una guerra per conquistare la supremazia sugli altri gruppi che a suo dire infestano lo Stato turco”. Era al vertice di un gruppo che “non si limitava alla lotta tra clan, ma assumeva anche finalità terroristica”.
Tra le armi sequestrate, tra Italia e Turchia, ci sono 15 pistole, 7 armi lunghe tra cui kalashnikov, 3 bombe a mano, un bazooka e 4 giubbotti antiproiettile. Una persona stamani è stata arrestata in Bosnia, due in Svizzera e una quarta a Rotterdam. Tra i 18 arrestati anche un italiano (ordinanza eseguita a Viterbo) per associazione semplice, perché avrebbe dato “supporto” al gruppo, che aveva “cellule sparse in vari Paesi europei” e, dunque, l’indagine prosegue per collegare altri episodi a quelli già accertati.
9.7°