Avventura africana: i motociclisti riminesi tornano dalla Namibia
Due settimane e 2.500 chilometri sulle Royal Enfield Himalayan, tra deserti, villaggi e fauna selvaggia


Un anello di oltre 2.500 chilometri attraverso paesaggi tra i più spettacolari dell’Africa australe. È questa l’impresa appena conclusa da 15 motociclisti riminesi, rientrati dopo due intense settimane in Namibia. A guidare il gruppo, la coppia di viaggiatori Emilio Salvatori e Cristina Zoli, già protagonisti di spedizioni sulle strade remote della Cina.
Il tour è partito dalla capitale Windhoek e si è snodato tra i colori del deserto del Kalahari, le dune gigantesche del Namib – che a Sossusvlei superano i 300 metri – e la suggestiva Skeleton Coast, la “Costa degli Scheletri” dove il deserto incontra l’oceano Atlantico. Qui, tra relitti arrugginiti e cittadine come Swakopmund, sopravvive l’eredità coloniale tedesca dell’Ottocento.
Non solo natura estrema: lungo il tragitto i motociclisti hanno attraversato i territori dell’Erongo, incontrando villaggi dei popoli San, Damara, Herero e Himba, custodi di tradizioni millenarie. La tappa finale è stata il parco nazionale dell’Etosha, la “grande palude bianca”: un santuario naturale che, nella stagione secca, diventa teatro di straordinari avvistamenti, con giraffe, zebre, elefanti, leoni e ghepardi riuniti intorno alle pozze d’acqua.
«La moto – racconta Salvatori – permette un contatto diretto con i luoghi e con le persone, molto più che la prestazione sportiva. Ciò che abbiamo trovato in Namibia è un Paese giovane, indipendente dal 1990, che con orgoglio guarda al futuro. Per noi un’esperienza indimenticabile».