Boom di assunzioni a Rimini nel 2025, ma mancano i lavoratori
La consigliera Petitti "Un apparente paradossi che rischia di diventare un pericolo so cortocircuito

Un apparente paradosso caratterizza questi primi tre mesi del 2025, dove a fronte di previsioni ottimistiche sulle assunzioni, il rischio è di non trovare il personale. I numeri sono quelli dell’indagine della Cgia di Mestre che inserisce Rimini come provincia dell’Emilia-Romagna con l’aumento di assunzioni previste più alto. Nel trimestre gennaio marzo 2025, rispetto l’omologo periodo dell’anno precedente, si prevede un +9,5% nel territorio riminese, che porterebbe a 10.970 i nuovi ingressi rispetto, ai 10.000 dell’anno scorso.
Un quadro apparentemente positivo, considerato che solo Ravenna (+8%) Forlì-Cesena (+2,2%) e Piacenza (+0.3%) fanno registrare il segno più in regione.
Quando però si scende nel pratico arrivano le difficoltà. Secondo gli imprenditori italiani, tra il 2017 e l’inizio di quest’anno la percentuale di difficoltà nel reperire il personale è più che raddoppiata. Se otto anni fa 21,5 imprenditori su cento avevano denunciato la grave difficoltà nel trovare collaboratori da assumere nella propria attività, per l’anno in corso la soglia è salita al 49,4. In buona sostanza un imprenditore su due non riesce a trovare addetti da assumere nella propria azienda, con differenze a livello regionale molto importanti.
Anche secondo la Camera di Commercio locale le previsioni rischiano di scontrarsi con la difficoltà ad incrociare domanda e offerta, in particolare nel settore degli operai (con, cito, più del 90% di richieste cadono nel vuoto) ed operai specializzati (più del 70% di mancato incrocio).
“Un apparente paradosso – sottolinea la consigliera regionale Petitti (PD) – che rischia di diventare un pericoloso cortocircuito soprattutto per le e i giovani. Il pericolo, da evitare, è quello di vedere ripartire i nostri giovani, anche a causa dell’aumento vertiginoso del costo della vita, che si mangia gli stipendi e non permette soluzioni abitative dignitose. Più in generale, le politiche pubbliche rivolte alle e ai giovani devono essere rimesse al centro del dibattito pubblico e istituzionale. Serve un deciso cambio di passo, e una reale attenzione capace di migliorare le condizioni delle e dei giovani che vivono nel nostro Paese, a partire dalla formazione. Perché se le aziende lamentano di non trovare i profili adeguati alle loro aziende, significa che serve agire da subito su due leve: la prima è quella del contrasto all’abbandono scolastico, la seconda quella delle competenze, che vanno rinforzate con una formazione più attenta alle esigenze del territorio”.