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"C'è carenza di personale", ma infermieri e operatori socio sanitari costretti a turni "massacranti"

Operatori socio sanitari e infermieri in subbuglio, la Cgil attacca le associazioni datoriali del terzo settore: "Rinnovate i contratti

A cura di Redazione
07 novembre 2023 16:39
"C'è carenza di personale", ma infermieri e operatori socio sanitari costretti a turni "massacranti" -
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“La condizione dei lavoratori nei servizi socio-sanitari in provincia di Rimini peggiora sempre di più”. Così la Cgil di Rimini in una nota in cui si invitano le associazioni datoriali del terzo settore a rinnovare i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro e ad aprire la contrattazione integrativa di 2° livello.

Nel dettaglio, la Cgil evidenzia che chi si prende cura dei più fragili, finisca per diventare “fragile a sua volta“. Operatori Socio Sanitari, infermieri, educatori e altre figure professionali si sono visti ridurre il potere d’acquisto “dei loro già magri salari” con retribuzioni lorde orarie di norma inferiori a 9 euro”.

“La questione salariale in questo settore – rileva la Cgil –è diventata endemica, principalmente a causa dei ritardi cronici con cui si chiudono i CCNL ed all’indisponibilità delle aziende del Terzo Settore ad attivare la contrattazione di 2° livello”.

Il problema riguarda tutti i cittadini: da tempo infatti, rileva la Cgil, “si sentono grida di allarme, da parte dei gestori privati, sulla condizione economica del personale inserito nei servizi socio-sanitari in accreditamento regionale: allarme preliminare alla richiesta dell’innalzamento delle tariffe a carico dei cittadini”.

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro viene spesso“agitato come spauracchio per la tenuta delle aziende”, ma quelli di settore sono scaduti nel 2019. “Sono noti i problemi degli operatori del sistema, al punto che da anni Fp Cgil chiede alle aziende ed alle cooperative sociali un innalzamento della qualità contrattuale e lavorativa delle centinaia di lavoratrici e lavoratori inseriti nei servizi alla persona”.

“I ritardi dei rinnovi contrattuali– prosegue la Cgil – o in diversi casi l’indisponibilità delle associazioni di rappresentanza a rinnovarli, insieme alla penetrazione di contratti pirata, hanno peggiorato la condizione economica e anche lavorativa delle persone. Nel frattempo si sono infatti inseriti nel sistema contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali non rappresentative, che hanno abbassato le tutele e i diritti per i lavoratori, inserendo norme sfavorevoli sulla malattia e sull’orario di lavoro”.

I rinnovi dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro per il triennio 2017-2019 “videro il riconoscimento degli incrementi economici da parte della Regione Emilia-Romagna ai gestori privati”.

Le risorse pubbliche dunque, a detta della Cgil, sono state fondamentali per la tenuta del sistema in questi anni, in particolare sulla pandemia.

Risorse pubbliche che hanno finanziato la tenuta del sistema in questi anni. Lo stesso è accaduto quando si è dovuto riconoscere ai gestori i presidi di sicurezza durante la pandemia Covid-19 o gli incrementi dei costi energetici.

“Nel frattempo– attacca la Cgil – c’è stata l’indisponibilità della cooperazione sociale ad attivare i tavoli per la contrattazione integrativa di 2° livello, anche a fronte delle richieste di apertura dei tavoli negoziali. La condizione delle lavoratrici e dei lavoratori nei servizi peggiora progressivamente. I carichi di lavoro aumentano con la crescita dei bisogni assistenziali della popolazione”.

Operatori socio sanitari costretti a turni senza rispettare le ore di riposo

La Cgil entra nel merito del peggioramento della condizione dei lavoratori del settore servizi socio-sanitari. In primis il mancato rispetto delle 11 ore di riposo tra un turno e l’altro. “Le norme per la tutela della salute e sicurezza sono in taluni casi disattese”.

“Solo attraverso vertenze– spiega la Cgil – che si stanno portando avanti nel nostro territorio e con l’introduzione di clausole nei capitolati d’appalto si è riusciti ad applicare il giusto inquadramento per gli educatori ed a introdurre l’istituto dell’educatore di plesso nel sistema scolastico, garantendo almeno un incremento delle retribuzioni mensili e stabilità dell’orario lavorativo”.

Per ciò che concerne le difficoltà a reperire figure professionali sul mercato, come lamentato dalle associazioni datoriali, la Cgil replica:“In questo settore un lavoratore su tre è a tempo determinato, tre su quattro hanno contratti part – time (nella stragrande maggioranza dei casi involontario). Dov’è l’appetibilità nell’impiegarsi in questo settore?“.

La carenza è dunque dovuta “più al combinato delle condizioni lavorative e salariali descritte, che determinano l’indisponibilità delle persone”.

“La soluzione – chiosa la Cgil – non può essere quella di una de-professionalizzazione delle figure operanti nel settore e tanto meno quello di minacciare chiusure delle strutture: lo spauracchio diffuso a mezzo stampa da alcuni rappresentanti dei soggetti gestori”.

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