Dignità e diritti per i trans detenuti. Un convegno a Bologna fa il punto sulle minoranze in carcere
Al convegno, Roberto Cavalieri, si è parlato anche della sezione trans del carcere di Reggio Emilia, unica sezione in regione

“È stata dura. In carcere mi sentivo sola e non vedevo via d’uscita. Poi ho capito che dovevo reagire. Ho conosciuto persone, a partire dai volontari, che mi hanno aiutata. Sono riuscita a uscire dall’isolamento. Sono riuscita a ripartire, dopo sei mesi di detenzione poiché arrestata come straniera irregolare in Italia. Oggi, chiuso il capitolo carcere, lavoro come operatrice sociale e mi impegno per sostenere le detenute che stanno vivendo una situazione simile a quella che ho vissuto io”.
L’ex detenuta del carcere di Reggio Emilia, Marcia De Oliveira, si racconta nel corso del convegno a Bologna sul tema della minoranza transgender in carcere organizzato dal Garante regionale dei detenuti dell’Emilia-Romagna Roberto Cavalieri nella sede dall’Assemblea legislativa regionale.
Un incontro pubblico, tenutosi in viale Aldo Moro a Bologna nel pomeriggio di mercoledì 9 aprile, in cui si è fatto il punto della situazione: nel corso del convegno è emersa la necessità di ampliare le progettualità rivolte ai transgender detenuti e di aumentare l’offerta di percorsi alternativi, per chi ne ha il diritto, alla pena penitenziaria. Tutti gli intervenuti, inoltre, si sono trovati concordi sulla necessità di assicurare che tutti i diritti di cui possono godere queste minoranze siano garantiti anche in carcere, a partire dalla somministrazione delle terapie ormonali. Centrale, infine, il tema della formazione per il personale penitenziario.
“Spesso le minoranze – spiega il garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri – pagano un prezzo alle maggioranze, come accade per i transgender detenuti”. Rimarca il Garante: “Il transgender è considerato di frequente parte divisiva nel sistema penitenziario. Pertanto, servono percorsi personalizzati che tengano conto di questa peculiare condizione, a partire dal sostegno psicologico. Per questa minoranza è come se ci fosse un carcere dentro il carcere”.
“C’è grande attenzione da parte della commissione assembleare Parità sul tema carcere, a partire dalle condizione dei detenuti. Serve incentivare ogni percorso rivolto alla riabilitazione. Riguardo ai detenuti transgender, c’è particolare interesse per la sezione di Reggio Emilia, affinché vengano attivate tutte le migliori prassi a tutela dei diritti di queste persone”, evidenzia Elena Carletti, presidente della commissione Parità dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna.
A fare il punto sulla sezione transgender di Reggio Emilia, denominata Orione, Annalisa Rabitti, assessora al Welfare del Comune di Reggio Emilia, Cecilia Di Donato, responsabile della scuola di teatro MaMiMò di Reggio Emilia, Carmela Gesmundo e Mario Tafuto degli Istituti penali di Reggio Emilia. Nella sezione Orione, le detenute sono undici: quattro le italiane, sette le straniere. Fra le detenute, in diverse hanno fatto lavori saltuari all’esterno. Si tratta di persone vulnerabili, spesso non sostenute dai familiari nel loro percorso di transizione. Permangono, in struttura, problemi rispetto alle terapie ormonali, che, non essendo gratuite, non sono alla portata di tutte. Inoltre, è stato attivato un programma rivolto alla formazione. I livelli di istruzione sono molto diversi e per questo servono proposte individualizzate. In tema di cultura recentemente è stata ospitata nella sezione Orione un festival cinematografico dedicato ai transgender mentre é attivo anche un progetto teatrale, così come un programma di attività sportive. Infine, è stato pubblicato un vademecum sui diritti.
“A Reggio Emilia hanno saputo fare rete, creare opportunità per queste persone che possono riscoprire la propria dignità e il proprio valore. La recitazione è un valore aggiunto per riproporsi alla società come persone nuove. Il tutto in un territorio particolarmente accogliente e con una comunità capace di prendersi cura anche delle persone più fragili”, sottolinea Silvio Di Gregorio, provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria (PRAP) per l’Emilia-Romagna e le Marche.
Per la presidente della commissione Pari opportunità del Comune di Bologna, Porpora Marcasciano, “la sezione di Reggio Emilia è un esempio a cui rivolgere l’attenzione. L’amministrazione comunale di Bologna, che pure ha investito cospicue risorse, non ha ancora risolto il problema dell’assenza di strutture d’accoglienza per persone trans, rendendo inevitabile, per molte, la pena carceraria”. Porpora Marcasciano racconta l’episodio del suo arresto, nel 1981: “Fui arrestata dalla buoncostume perché avevo un po’ di matita negli occhi e mi sono fatta quattro giorni di isolamento a Regina Coeli, a Roma. Un’esperienza che non dimenticherò mai. Ma erano altri tempi”.
Al convegno sono intervenuti anche Elia De Caro (Antigone), Marco Bedini (magistrato di sorveglianza a Reggio Emilia), Giovanni Torrente (docente dell’Università di Torino), Sofia Ciuffoletti (direttrice dell’associazione Altro Diritto), Samuele Ciambriello (garante dei detenuti della Campania), Bruno Mellano (garante dei detenuti del Piemonte), Daniela Falanga (responsabile nazionale carceri per l’Arcigay), Christian Cristalli (responsabile nazionale politiche trans per l’Arcigay), Maria Di Palma (funzionaria giuridico-pedagogica del PRAP Emilia-Romagna e Marche), Carmen Bertolazzi (giornalista, attivista e presidente dell’associazione Ora d’aria di Roma), Silvia De Giorgi (volontaria nel carcere di Ivrea), Francesco Santin (presidente della cooperativa Bhlyster di Belluno), Antonietta Cozza e Sofia Mehiel (Movimento identità transessuale) e Gabriele Celli (comandante della casa circondariale di Ravenna).