Guerrina Piscaglia: uccisa 11 anni fa, ma ancora viva per lo Stato. Il marito chiede la verità
Guerrina Piscaglia non è ufficialmente deceduta, il suo conto è ancora bloccato

Undici anni fa è stata uccisa, anche se il suo corpo non è mai stato ritrovato. Tuttavia, per lo Stato, Guerrina Piscaglia non è ufficialmente deceduta. Di conseguenza, il suo conto bancario rimane ancora bloccato. Come riporta Il Resto del Carlino Rimini, senza un certificato di morte, quei soldi non possono essere toccati. È l’ultimo, incredibile capitolo del giallo di Cà Raffaello, frazione del Comune toscano di Badia Tedalda, dove la donna viveva con il marito e il figlio.
La donna scomparve il primo maggio 2014, dopo essere uscita di casa per incontrare Padre Gratien Alabi, frate di origine congolese e parroco di Cà Raffaello, con il quale aveva una relazione, e non ha più fatto ritorno. Dopo mesi di ricerche che non hanno mai portato alla scoperta del cadavere, Padre Gratien è stato accusato di aver ucciso la donna e averne occultato il cadavere, per il timore che si venisse a sapere della relazione clandestina. Nonostante il frate abbia sempre sostenuto la sua innocenza, è stato condannato a 25 anni di reclusione, pena confermata dalla Cassazione. Attualmente sta scontando la sua condanna nel carcere di Rebibbia.
Nel frattempo, il marito di Guerrina, Mirco Alessandrini, insieme al loro figlio Lorenzo, ha deciso di trasferirsi a Sansepolcro, dove ha iniziato una nuova vita e lavora per una squadra di calcio. Tuttavia, il dolore e la rabbia per quanto accaduto non se ne vanno. Mirco, tramite i suoi avvocati, Nicola Detti e Francesca Faggiotto, ha dichiarato: “Padre Gratien deve finalmente dire la verità. Abbiamo il diritto di sapere dove si trova il corpo di Guerrina e vogliamo recuperarlo. Io e mio figlio desideriamo darle un ultimo saluto e garantirle una sepoltura dignitosa”.
Nel frattempo, stanno per concludersi le cause civili intentate contro la diocesi di Arezzo da parte dei legali della famiglia Alessandrini e delle sorelle di Guerrina. Il marito e il figlio della donna chiedono un risarcimento di un milione di euro, mentre le sorelle hanno avanzato la stessa richiesta.
“Le responsabilità da parte della diocesi di Arezzo – incalza l’avvocato Detti– sono oggettive. Perché la diocesi aveva già tutti gli elementi per intervenire addirittura prima della scomparsa di Guerrina. Diversi parrocchiani avevano segnalato i comportamenti anomali tenuti da padre Gratien Alabi, nei confronti di Guerrina e anche di altre persone, ma la diocesi di Arezzo non ha fatto nulla”. Si attende il verdetto dei giudici tra poche settimane. E si spera, intanto, di risolvere un’altra situazione paradossale. Quella del conto corrente che Guerrina aveva in una banca di Novafeltria, tuttora bloccato dopo undici anni. Senza un certificato ufficiale di morte, la banca non può chiudere il conto e consegnare finalmente i soldi ai famigliari. Per lo Stato, Guerrina è ancora viva. Un paradosso figlio della burocrazia italiana,“ma che contiamo di risolvere in tempi brevi”, dicono fiduciosi gli avvocati di Alessandrini.