L'area protetta che pochi conoscono: questa riserva naturale emiliana cela una storia incredibile
Scopri la Sacca di Bellocchio al Lido di Spina: dune rare, lagune salmastre e seggiovia vintage!

La Riserva naturale Sacca di Bellocchio, situata a ridosso del Lido di Spina, nel tratto costiero compreso tra Ferrara e Ravenna, rappresenta una delle zone umide più delicate e importanti di tutta l’Emilia-Romagna. Inserita nel sistema del Parco del Delta del Po, quest’area protetta costituisce un raro esempio di paesaggio litoraneo ancora integro, dove si alternano dune mobili, lagune salmastre, retrodune vegetate, specchi d’acqua dolce e banchi sabbiosi sospesi nel tempo. Camminando lungo i suoi percorsi si percepisce chiaramente il segno lasciato nei secoli dal mare Adriatico, che ha modellato la costa in modo dinamico, trasformandola in un ambiente ricco di fascino e biodiversità.
Nonostante le forti pressioni subite dal litorale negli ultimi decenni, la Sacca di Bellocchio ha mantenuto una naturalità elevatissima, tanto da essere oggi considerata una delle aree costiere più significative del nord Adriatico. I suoi paesaggi raccontano la storia geologica e idrografica della foce del fiume Reno, delle bonifiche agrarie e dell’adattamento della natura a condizioni estreme. È proprio questa interazione millenaria tra elementi naturali e interventi umani a rendere la riserva un unicum ambientale, difficile da trovare altrove in Italia.
Dune e vegetazione rari nel cuore di Emilia-Romagna
La Sacca di Bellocchio ospita ben 18 habitat di interesse comunitario, protetti dalla Rete Natura 2000, che ne certifica il valore scientifico a livello europeo. Tra gli ambienti più rari e spettacolari si trovano le dune embrionali e le dune mobili dominate dalla Ammophila arenaria, specie pioniera in grado di stabilizzare la sabbia. Più all’interno, dove il vento ha minore intensità, si sviluppano le dune fisse, ricoperte da ginepri coccoloni, lecci e pini marittimi, veri e propri bastioni vegetali contro l’erosione.
Nelle depressioni interdunali si estendono le lagune costiere salmastre, colonizzate da Salicornia veneta, Halocnemum strobilaceum e Juncus acutus, piante adattate a suoli salini che conferiscono al paesaggio sfumature uniche tra il verde, il porpora e il grigio argento. A impreziosire il quadro ci sono anche praterie steppiche mediterranee e lembi di paleodune fossili, che testimoniano l’antico avanzamento del mare. La biodiversità dell’area è tra le più alte di tutto l’Adriatico settentrionale, con oltre 200 specie di uccelli censite, tra cui aironi, cavalieri d’Italia, fenicotteri, falchi di palude e sterna zampenere.
Rinascita, erosione e turismo lento
Nel corso degli ultimi 50 anni, l’intera zona ha subito un arretramento costiero di quasi 10 metri l’anno, a causa dell’intensificarsi delle mareggiate, della subsidenza naturale e della costruzione di barriere rigide che hanno alterato il naturale equilibrio dei sedimenti. Ma proprio in risposta a questa crisi ambientale, a partire dagli anni ’90, una parte significativa della riserva – un tempo utilizzata per l’agricoltura intensiva – è stata rinaturalizzata, trasformandosi in stagni costieri, canneti e praterie salmastre.
Grazie al lavoro di enti come ARPAE, il Corpo Forestale - Carabinieri Biodiversità e il Parco del Delta del Po, sono stati avviati numerosi progetti di ingegneria naturalistica per contenere l’erosione e ricostruire le dune, utilizzando solo materiali naturali e specie autoctone. I visitatori possono oggi esplorare l’area tramite passerelle in legno, torrette di avvistamento ornitologico e sentieri sterrati che permettono un’esperienza immersiva e rispettosa del fragile equilibrio ecologico.
Dal 1968 al 1974, un curioso capitolo della storia turistica del Lido di Spina coinvolse la riserva: una seggiovia biposto, costruita da un imprenditore trentino, attraversava le dune collegando i campeggi retrostanti direttamente alla spiaggia. Il sistema venne dismesso dopo pochi anni.