‘Mia Moglie’, la consigliera di parità di Rimini: "Basta violenza sui social"
Adriana Ventura invita le vittime a denunciare e sollecita Meta a rafforzare i controlli per prevenire la diffusione di immagini sessualmente esplicite

La consigliera di parità della Provincia di Rimini, Adriana Ventura, interviene sul caso del gruppo Facebook “mia Moglie”, chiuso dopo aver diffuso immagini sessualmente esplicite di migliaia di donne riprese di nascosto. Ventura denuncia la violazione della dignità delle donne e sollecita interventi urgenti per prevenire simili episodi, invitando le vittime a denunciare e Meta a rafforzare i controlli. L’ufficio della Consigliera è a disposizione per supporto legale e consulenza, richiamando precedenti casi giudiziari e sottolineando la necessità di contrastare la cultura del sessismo e della violenza sui social.
La dichiarazione della consigliera di parità della Provincia di Rimini, Adriana Ventura
Il gruppo Facebook “mia Moglie”, chiuso nei giorni scorsi, contava oltre 32 mila iscritti e veicolava immagini sessualmente esplicite di migliaia di donne, riprese di nascosto nelle loro abitazioni o nei contesti privati; ancora una volta donne che vedono violata la propria dignità.
La pubblicizzazione di questo “materiale“ attraverso i social configura una serie di reati che spaziano dalla diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti all’ interferenza illecita nella vita privata e, soprattutto, nel caso in cui vi fossero immagini riferite a minorenni, si potrebbe configurare il reato di diffusione e detenzione di materiale pedopornografico.
Per questo non si può tacere: è necessario parlare di questa vicenda per svegliare le coscienze e rifiutare questo tipo di comunicazione, sollecitando i nostri governanti a intervenire con urgenza per rafforzare ogni strumento utile alla prevenzione, obbligando i produttori dei social (nel caso in esame il riferimento è a Meta) ad applicare pienamente il Regolamento dell’Unione Europea (Digital Service ACT), imponendo a Meta sistemi di controllo rigidi. Inoltre, in casi come questo è fondamentale la collaborazione della piattaforma social per consentire alle Autorità di risalire ai responsabili che si celano dietro a un nickname, è necessario invitare a denunciare alla Polizia Territoriale ogni caso di cui si è a conoscenza, inviando segnalazioni utili su www.commissariatodips.it (su questo sito sono già pervenute segnalazioni).
L’invito alle donne “vittime“, che abbiano già accertato di essere “involontarie protagoniste“ di questa brutta vicenda, è quello di trovare la forza e il coraggio di ribellarsi e denunciare, non di chiudersi in se stesse per la vergogna o la paura. Possono contattare anche l’Ufficio della Consigliera di Parità della Provincia di Rimini con sede in Via Dario Campana n. 64 o scrivere all’indirizzo mail: [email protected]
L’ufficio della Consigliera è a disposizione, e ha già seguito nel 2017 un caso analogo, conosciuto come il catalogo delle donne single di Lecco, in collaborazione con l’ avvocata Marisa Marraffino, esperta in reati informatici, che ha dato vita per la prima volta in Italia ad un processo penale collettivo che si è concluso dopo cinque anni con la condanna definitiva in Cassazione dell’autore del Catalogo.
In quel caso le donne agirono compatte e superarono le difficoltà iniziali anche con il supporto della rete presente sul territorio, che si attivò da subito.
La vicenda FB “mia Moglie” riporta alla memoria il caso estremo di Gisele Pelicot, la donna vittima di stupri seriali organizzati dal marito che la drogava per venderla ad altri uomini.
Invito ogni donna a dire basta alla tolleranza del sessismo e della violenza contro le donne sui social, altrimenti è complicità; è inaccettabile che esistano questi gruppi sui social, specchio di una cultura che ignora la volontà delle donne
Chiediamo tutte con forza che META vigili sulla possibile riapertura, sotto nuovo nome, di gruppi simili, rifiutando con forza che possa essere veicolata ogni altra forma di maschilismo tossico attraverso i suoi social.
Nel frattempo, ci mettiamo a disposizione della polizia postale e di tutte le donne che volessero attivare la procedura preventiva contro il revenge porn anche in via amministrativa tramite la procedura prevista dal Garante per la protezione dei dati personali.