Dieci anni dopo il nevone: in Valmarecchia crollarono oltre 100 capannoni

Paesi seppelliti e dispersi, a Novafeltria crollò addirittura il tetto della storica discoteca Jolly

Foto di copertina Samuel Orlandi

Dieci anni fa in questo periodo iniziò a nevicare, come succede spesso d'inverno. Invece quella volta iniziò una delle più grandi nevicate della storia, ribattezzata appunto il nevone.  Fu in realtà un insieme di perturbazioni che portò ad accumuli di neve da record e con temperature minime che, nell'entroterra riminese, toccarono i 12 gradi sotto lo zero. E proprio nell'entroterra la situazione fu drammatica. La popolazione affrontò una vera e propria inaspettata emergenza. Furono evacuate famiglie, i tetti di alcune case erano infatti pericolanti. C'era timore che sotto il peso della neve cedessero i tetti delle abitazioni: c'è chi saliva sul tetto, per liberarlo dalla neve, correndo rischi enormi. In Valmarecchia crollarono oltre 100 capannoni, in centro a Novafeltria crollò addirittura il tetto della storica discoteca Jolly. Ma in quei lunghi dodici giorni di nevicate ci fu un costante e ammirevole prodigarsi delle forze dell'ordine e dei soccorritori, alcuni dei quali arrivati dal Trentino con i Gatti delle Nevi, mezzi speciali e motoslitte per raggiungere le frazioni e i borghi più isolati, per portare generi alimentari e medicinali alle famiglie. Gli stessi soccorritori, pur essendo abituati ad abbondanti nevicate, ammisero che certi accumuli di neve non li avevano mai visti. 

Una fase di maltempo storica: a dieci anni di distanza, ne abbiamo parlato con Federico Antonioli, previsore di Centro Meteo Emilia Romagna. 

Federico, come iniziò la fase ribattezzata del nevone?

L’evento iniziò con una prima perturbazione il 31 gennaio 2012, con l’impulso che cessò il giorno seguente. Nuova instabilità però sopraggiunse il 3-4 febbraio e nuovamente il 10-11 febbraio. In poche parole fu una decade caratterizzata da vari transiti perturbati. E nella fase ‘’più stabile’’ tra il 5 e il 6 febbraio, ci furono vere e proprie giornate di ghiaccio, ossia con temperatura massima giornaliera inferiore a zero gradi.

Come mai il nostro territorio fu investito da un'ondata di gelo così poderosa?

Per capire la genesi di questo evento, bisogna andare a osservare la circolazione atmosferica a scala grande presente in quel periodo. Dopo un dicembre e una prima parte di gennaio con flussi prevalentemente zonali, nella terza decade di gennaio i flussi iniziarono ad essere molto più ondulati, con l’elevazione dell’anticiclone in Atlantico e la formazione dell’anticiclone russo-siberiano, la cui interazione con l’alta pressione Azzorriana diede luogo al cosiddetto ‘’Ponte di Weikoff’’: si formò quindi una sorta di blocco che da un lato impediva alle perturbazioni atlantiche di giungere verso il Mediterraneo, ma allo stesso tempo consentiva l’afflusso di masse d’aria fredda di muoversi in senso retrogrado dal mare di Kara verso l’Europa centro-orientale e i nostri settori. Da lì, continui impulsi si generarono sul bacino del Mediterraneo.

Si riuscì a prevedere un evento di questo tipo, oppure colse di sorpresa?

Allora, con la premessa che l’evento ha assunto carattere eccezionale non per una singola nevicata, ma per più impulsi perturbati uno successivo all’altro, possiamo dire che sì, ci fu la capacità di prevedere la fenomenologia in atto. Ciò che è pesato sul bilancio finale è stato il fatto che praticamente per 10-12 giorni c’è stata instabilità. In sintesi si riuscì a prevedere correttamente, ravvisando anche la possibilità di accumuli importanti specialmente per la Romagna, ma con una previsione effettuata 24-48 ore prima. Di certo non si poteva sapere, al 31 gennaio quando iniziò l’evento, l’intensità con cui nei 10 giorni successivi si sarebbero verificate precipitazioni. Era quindi impossibile dire, al 31 gennaio, che nelle due settimane a venire la situazione sarebbe divenuta emergenziale. In ogni caso vennero emessi avvisi meteorologici per neve, a cui fecero seguito le allerte di Protezione Civile, pertanto non è corretto dire che il tutto non fu previsto.

In questi dieci anni sono stati fatti importanti progressi sull’accuratezza delle previsioni meteo, ma è comunque impossibile fornire bollettini altamente dettagliati oltre i 2-3 giorni di distanza. Ad ogni modo le previsioni meteo assumono un importante valore quando si tratta di prevedere e successivamente monitorare lo sviluppo di eventi di una certa rilevanza.

Quale fu il giorno più freddo, quale fu la massima più bassa registrata e la minima più bassa registrata a Rimini, nel periodo?

Il periodo più freddo fu quello tra il 5 e il 9 febbraio 2012, a cavallo quindi tra la prima e la seconda fase più perturbata. In quelle giornate ci furono nevicate più sparse e temperature particolarmente rigide.

La giornata più fredda fu il 6 febbraio, con una minima a Rimini di -8,7 gradi e una massima di -2 gradi. Nell’entroterra romagnolo si arrivò anche a -10\-12 gradi.

Quali sono i dati di accumulo nevoso che sono stati registrati? Il 2012 si è avvicinato ai ‘’grandi inverni’’ degli anni precedenti?

A Rimini città abbiamo avuto un dato complessivo di neve (non massimo spessore nevoso, ma neve accumulata sommando ciascuna nevicata), di circa 76 cm. Spostandosi nell’entroterra però la situazione è cambiata in maniera importante, con 116 cm a Santarcangelo di Romagna, 133 cm a Saludecio, 146 cm a Monte Colombo e ben 306 cm a Novafeltria. Si tratta di accumuli paragonabili a quelli registrati nelle più eccezionali ondate di gelo e neve del ventesimo secolo, come quelle del 1929, 1956 e 1985.

Nel complesso il 1929 è stato probabilmente superato per quanto riguarda i dati dell’entroterra riminese, dove si sono scritti nuovi record storici.

È curioso osservare come tra le nevicate storiche che hanno colpito l’Italia negli ultimi cento anni, intercorrano circa 30 anni… 1929, 1956, 1985, 2012.

ALTRI APPROFONDIMENTI

Qui le previsioni dettagliate per Rimini

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