Festival del Mondo Antico: il latinista Ivano Dionigi sull'importanza della "parola"
Venerdì 22 luglio all'Arena Francesca da Rimini un incontro con l'ex rettore di Bologna


Che ne è oggi della parola? Quale il suo uso o abuso? Alle parole, Ivano Dionigi, filologo classico ed ex rettore dell'Università di Bologna, dedicherà il settimo incontro serale del Festival Antico/Presente. Festival del Mondo Antico.
Dagli amati latini e greci fino a Steve Jobs e Mark Zuckerberg, il professore insisterà sul concetto che la tecnologia ha bisogno del sapere umanistico. Per i classici la parola è 'icona' dell'anima, sede del pensiero, segno distintivo dell'uomo.
«La lingua non mente», ama dire Dionigi. Le parole consentono di tenere unite la memoria e il futuro. Siamo diventati inventori di un linguaggio babelico e debordante su tutti i mezzi di comunicazione, specie sui social, ma sempre più lontani tra noi e spesso incompresi; perciò, si sente il bisogno «un'ecologia linguistica che restituisca alla parola il potere di svelare la verità». Magari richiamando dall'esilio o dall'abbandono del loro significato originario le parole della nostra lingua antica per creare le parole destinate al tempo nuovo.
«La parola è pharmakon, «medicina» e «veleno»: comunica e isola, consola e affanna, salva e uccide; edifica e distrugge le città, fa cessare e scoppiare le guerre, assolve e condanna innocenti e colpevoli» scrive Dionigi, che non mancherà di indugiare sull'attualità del conflitto in corso nel cuore dell'Europa. Di fronte a questo tema, quello della guerra, si è espresso già invocando l'uso delle parole, poiché, dice, «le guerre nascono dalle parole, che a volte anche le fermano». Ne servirebbero alcune fondamentali: la parola vuol dire politica, e la parola non andrebbe affidata né ai tecnici, né alle armi, ma alle armi della politica. La parola può tutto. Come ha detto Cicerone, gli eloquentes, coloro che uniscono il ben dire al ben pensare, hanno fatto finire molte guerre.