Uno dei cartelli di protesta che il comitato Valmarecchia Futura esibì sul tracciato della Marecchiese

La Marecchiese è un percorso urbano lentissimo: ‘altro che strada statale’

La provocazione dell’associazione Terre dei Malatesta e dei Montefeltro: ‘nuova viabilità o togliamo qualifica di strada statale’

Come avevamo largamente anticipato, Anas ha disposto interventi di riasfaltatura della strada Marecchiese nel territorio dell'Alta Valmarecchia: il primo ad aprile in un breve tratto, quello che, in direzione Rimini, porta alla rotonda per Ponte Verucchio-Santarcangelo e per Dogana-Verucchio; successivamente da Novafeltria alla località "Le Porte" e in alcuni tratti a Ponte Messa. Il terzo intervento è in esecuzione in questi giorni e sta interessando il tratto tra Ponte Santa Maria Maddalena e Pietracuta. Una riqualificazione che procede lentamente, nel complesso insufficiente, considerata la lunghezza della strada e le sue condizioni complessive. 

Tuttavia a tenere banco, nel dibattito dell'opinione pubblica, è la (non) scorrevolezza del traffico. Il comitato Valmarecchia Futura continua a portare avanti la propria battaglia d'opinione per una strada Marecchiese dai tempi di percorrenza più rapidi, in attesa della progettazione degli interventi da parte di Anas, trovando una sponda nell'associazione Terre dei Malatesta e dei Montefeltro, che in una nota lancia una provocazione: "togliamo alla Marecchiese la qualifica di strada statale". Questo perché già in passato, da strada statale, divenne provinciale, spezzata in tanti tratti comunali. "Di fatto un percorso urbano e neppure molto rispondente – evidenzia l'associazione nella nota – e ciascuno, nel proprio orticello, ha seminato piste ciclabili, spartitraffici, rotonde, attraversamenti, spazi riservati, semafori, divieti, rilevatori di velocità". Il risultato, ad esempio, è rappresentato dai dieci-dodici minuti di tempo per attraversare Villa Verucchio, tra rotonde, passaggi pedonali, sosta degli autobus, ciclisti e motocarri. 

LA NOTA DELL'ASSOCIAZIONE  L’origine è decisamente nobile se non altro perché come Via Ariminensis vedeva il suo punto di arrivo dove nascevano la Via Emilia, la Via Flaminia che collegava la capitale del mondo e la Via Romea. Il ramo che da Arezzo attraversava la Val Tiberina per risalire fino al passo di Viamaggio, passando da Badia Tedalda e scendendo all’Adriatico costeggiando il Marecchia, era uno dei due percorsi dell’antichissimo tracciato che collegava l’Etruria alla Val Padana, Arezzo al Tirreno da una parte e all’Adriatico dall’altra.

Una strada che a metà del secolo scorso era stata individuata come strategica nel collegamento verso Roma. Poi quel progetto fu accantonato, prevalsero la debolezza riminese e la forza dei potentissimi deputati e senatori di Ravenna, Forlì e Cesena. Si procedette tra boschi, dirupi, valichi, torrenti e frane, con costi altissimi e risultati tali da essere definita oggi, la E45, una “strada maledetta”. L’antica strada Ariminensis finì declassata.

Da statale poi divenne provinciale, spezzettata in tantissimi tratti comunali, di fatto un percorso urbano e neppure molto rispondente. Ciascuno nel proprio orticello ha seminato piste ciclabili, spartitraffici, rotonde, attraversamenti, spazi riservati, semafori, divieti, rilevatori di velocità: tutto buono e giusto ma non certamente su una strada statale di grande traffico e con una percorrenza di tir sempre più lunghi e sempre più numerosi.

Oggi, a distanza di tanti anni, è tornata infatti al rango di Strada Statale 258 e in questa veste gestita da ANAS.

Il Comitato Valmarecchia Futura, con la richiesta “Dateci strada”, ha mobilitato cittadini e imprese, ha chiesto e ottenuto che almeno fosse incaricato da Comuni, Provincia e Regione un tecnico indipendente per una idea di progetto utile ad arrivare a soluzioni possibili da sottoporre ad ANAS.

Le problematiche sono conosciute: difficile in massima parte il percorso sul tratto dal confine con la Toscana fino a Novafeltria; non rinviabile una alternativa all’attraversamento di Novafeltria, Secchiano, Pietracuta e Villa Verucchio.

La soluzione di Corpolò, pensata per risolvere un problema, penalizzata dalla visione “politica” dei divieti e con un numero di rotonde inutile, ne ha invece creati due di problemi e il traffico leggero passa nell’abitato tra semafori, spartitraffico, passaggi pedonali e controllo velocità.

Il transito a Villa Verucchio è un incubo: nel tratto tra la rotonda del Domiziano e la rotonda inizio di Corpolò di 3.150 metri si incontrano 8 rotonde, 21 spartitraffico, 38 passaggi pedonali, 4 piazzole di sosta per autocorriere. Quando tutto va bene, se non c’è il carretto che attraversa, il ciclista in mezzo, l’autocarro che scarica, sono 10/12 minuti tra un tir e un altro che frenano e accelerano, si fermano e ripartono.

Nessuno misura quanto arriva all’automobilista o al motociclista in termini di inquinamento di aria e di rumore.

E sembra quasi che il problema sia del Comitato Valmarecchia Futura che si preoccupa di modificare e migliorare la viabilità piuttosto che dei cittadini e delle amministrazioni.

Abbiamo una proposta del Presidente della Provincia che suggerisce al cittadino di Scavolino che lavora nell’area artigianale di Santarcangelo, in nome della sacrosanta mobilità pubblica, di andare a Pennabilli, caricare la bicicletta sulla corriera per poter poi raggiungere dalla fermata il posto di lavoro.

Anche noi abbiamo una proposta che non costa nulla ma che almeno contribuisce a chiarire a tutti il problema.

Togliamo l’etichetta di “Strada Statale” alla 258; evitiamo di ripristinare la vecchia qualifica di “Strada Provinciale” e chiamiamola oggi per quello che è: Via Marecchiese.

Poi, se sarà realizzato un progetto importante di nuova viabilità, rimetteremo il cartello.

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