Mette in vendita appartamento: la storia di un rogito mancato e di una battaglia legale durata 20 anni
La parola fine sulla vicenda che ha avuto per protagonista un 75enne riccionese


Dopo 20 anni di causa civile, un 75enne di Riccione è potuto rientrare nella disponibilità di un appartamento che aveva messo in vendita nei primi anni del 2000. L'acquirente inadempiente, una donna, ricorse infatti alle vie legali: dopo tre gradi di giudizio, è arrivata la parola fine alla vicenda. Il 75enne, assistito dall'avvocato Pasquale DellI Paoli, ha legittimamente trattenuto 70.000 euro, tra caparra e acconto prezzo, dopo aver firmato con la donna un compromesso di vendita, non seguito però dal rogito presso il notaio per definire il passaggio di proprietà.
La vicenda ha le sue radici negli anni del boom edilizio. Nel 2003 il 75enne e la donna firmarono un compromesso di vendita di uno dei due appartamenti di una villetta bifamiliare, situata a Riccione, stabilendo un prezzo di 270.000 euro, ma anche il versamento, da parte dell'acquirente, di 40.000 euro di caparra e di 30.000 euro di acconto.
Riconosciuto per vie legali il diritto di passaggio al vicino (il proprietario dell'altro appartamento), il 75enne, come da compromesso, applicò lo sconto di 10.000 euro nei confronti dell'acquirente, ma quest'ultima non procedé a fissare l'appuntamento dal notaio per il rogito. Trascorsi i 60 giorni, il venditore chiamò telefonicamente la donna che chiese e ottenne una dilazione di altri 60 giorni, trascorsi i quali al 75enne non rimase che mandare un sollecito tramite raccomandata. Non avendo avuto riscontro, trattenne i 70.000 euro e decise di vendere l'appartamento attraverso un'agenzia. Ma la donna si era recata proprio nella stessa agenzia per far vendere l'appartamento a 340.000 euro. Non era un fatto inconsueto: il compromesso prevedeva, nella sua formula, l'acquisto da parte del contraente o in alternativa di una persona da nominare. In pratica il primo acquirente in realtà avrebbe cercato un secondo acquirente, in modo tale da intascare la differenza di prezzo: nella fattispecie, la donna avrebbe incassato 340.000 euro, versandone 260.000 euro al proprietario, guadagnando così 80.000 euro, tolte le spese dell'agenzia.
Fu dunque la signora, nel 2004, a fare causa al 75enne, per riavere indietro la caparra e per dare seguito a quel compromesso di vendita. Nel 2010 presentò ricorso in appello, attraverso il proprio legale, nel 2018 in Cassazione: tre gradi di giudizio in cui il 75enne ha sempre avuto la meglio. La parola fine è arrivata con la sentenza in Cassazione del 3 maggio 2023, ma il 75enne si è ritrovato dopo 20 anni la disponibilità di un bene svalutato, mentre la signora, persa la caparra, dovrà versare oltre 50.000 euro di spese legali.