Dall'autostop ai capelloni, la storia tra Novafeltria e Rimini raccontata da Gaetano Dini

Un lettore di Altarimini, Gaetano Dini, in attesa dei festeggiamenti di Capodanno ci ha spedito un suo breve saggio in cui racconta i ricordi di gioventù legati tra Rimini e Novafeltria. Mentre la civ...

A cura di Redazione
30 dicembre 2014 15:30
Dall'autostop ai capelloni, la storia tra Novafeltria e Rimini raccontata da Gaetano Dini -
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Un lettore di Altarimini, Gaetano Dini, in attesa dei festeggiamenti di Capodanno ci ha spedito un suo breve saggio in cui racconta i ricordi di gioventù legati tra Rimini e Novafeltria. Mentre la civiltà viaggia inesorabile verso la chiusura del secondo decennio degli anni 2000, Gaetano ha voluto condividere immagini di un'epoca lontana. 

Il 1962 è stato l’anno in Italia con il quale si chiudeva l’epoca della Civiltà Contadina. Gli anni 1963 e 1964 sono stati due anni di transizione, con l’anno 1965 è iniziato il modernismo sociale.  Per fortuna che quei tre anni, il ‘62, ’63, ‘64 me li ricordo bene! Del 1960 e 1961 purtroppo ho solo qualche breve flash mnemonico. La Civiltà Contadina con i suoi valori rurali, arcaici era in quegli anni inesorabilmente al tramonto. 

I Capelloni del 1965 Estate 1965,  al mare a Rimini.  Con lo zio ed il cugino coetaneo spesso percorrevamo in macchina la “Circonvallazione”.  Per strada si vedevano i primi Capelloni in jeans e con lo zaino che facevano l’autostop. Questi primi “Alternativi” sociali dai capelli lunghi a me bambino sembravano ragazzi alti, dinoccolati, un po’ British (chissà se veramente erano così), potevano avere di media dai  19 ai 21 anni, era gente nata nel ’44, ’45, ’46. 

Anni ’60, i taxi nella piazza di Novafeltria 

Venivano utilizzati molto nei giorni di Mercato, gli altri giorni non si muovevano quasi mai  dalla piazza. Quei taxi erano delle Fiat e delle Lancia gigantesche.  Davanti erano omologate per tre persone, il guidatore e due passeggeri (spesso di passeggeri 

se ne infilavano tre). Dietro i posti omologati erano per quattro persone ma spesso si sistemavano anche in cinque.  Quei modelli di Fiat e Lancia potevano benissimo essere stati delle auto  di rappresentanza ministeriale negli anni ’50. Gli anni successivi, sorpassate nelle linee e nei motori quelle auto erano state utilizzate in modo vario. Alcune potevano essere state acquistate da famiglie numerose che vista la loro capienza 

le utilizzavano per caricarci dentro tutta la famiglia, nonni inclusi; altre di queste auto potevano essere state acquistate per essere utilizzate appunto come taxi. 

Da auto di rappresentanza ministeriale quindi ad auto di rappresentanza familiare in città  e rurale nei paesi come Novafeltria dove le persone che di solito le prendevano a nolo,  lo facevano dopo la conclusione del Mercato il lunedì perché dovevano tornare ai loro paesini,  alle loro frazioni di campagna dove le strade da percorrere erano spesso sterrate e di larghezza  poco maggiore di quella delle auto. Quei taxi di allora mi fanno venire in mente i cavalli utilizzati in servizio o in parata  dalle forze dell’ordine che dopo il loro periodo di onesto servizio per lo Stato, vengono portati  nei terreni del Demanio e lasciati liberi di pascolare ed invecchiare in pace sotto le cure  del personale militare preposto.

Verucchio 

La casa dove abitavo era una di quelle poste più in alto a Novafeltria. Da lì dominavo con lo sguardo l’orizzonte che dava verso “la bassa” riminese.  Solo che quell’orizzonte si fermava all’altezza di Verucchio.  Più in la di lì non si riusciva ad andare con lo sguardo.  E allora nelle calde e limpide giornate estive mi sembrava che il cielo sopra Verucchio  fosse un grande specchio che rifletteva il colore della porzione di mare davanti a Rimini. La connessione con la città di riferimento era stata realizzata ! 

Copenaghen   Estate 1978,  Rimini Bagno 63.

In quel bagno d’estate c’era la pallavolo da spiaggia più famosa di Rimini.  Il sabato e la domenica venivano tutti i ragazzi a giocare, anche quelli bravi.  C’era gente che giocava spesso anche nei pomeriggi dei feriali.  Un giorno di quelli un ragazzo di qualche anno più grande di me mi raccontava che fino a qualche anno prima era di moda per i ragazzi di Rimini e dintorni fare un viaggio fino alla mitica città di Copenaghen. 

Estate 1979,  Novafeltria bar “da Turcoun”.

Dei ragazzi più grandi di me raccontavano ad un altro tavolo che un loro amico che abitava nell’interland del paese, tempo addietro era andato a Copenaghen. Poi lo stesso aveva prolungato la vacanza fino a non essere ancora tornato a casa.  A Novafeltria un uomo aveva sposato una svedese e spesso con la moglie ed un paio di amici del paese andavano in vacanza in Svezia nella casa della moglie. Una volta lungo il tragitto per la Svezia si erano fermati a Copenaghen ed in un bar avevano incontrato  per caso questo ragazzo. “L’era in bulletta dura ma tal meni l’aveva un bicir e na bocia ad Champagne” avevano poi raccontato al loro ritorno al paese. E a me veniva emotivamente spontaneo sovrapporre l’identità di quei ragazzi che erano partiti  da Rimini e dintorni alla volta di Copenaghen a quella del ragazzo anche lui partito per Copenaghen dalla zona di Novafeltria.  E’ come se fossero stati tutti un solo ed unico personaggio ! Perché partire e fermarsi a Copenaghen e non proseguire per la Svezia, la Norvegia ? Perché per i “Birri” di provincia di quell’epoca spesso ancora con legami “da mammone”, fermarsi a Copenaghen significava garantirsi la via del ritorno a casa.  Copenaghen nell’immaginario collettivo di allora rappresentava la Scandinavia conosciuta,  quella vicina, sempre ancorata coi tragitti dei treni all’Europa.  Quei “Birri” nostrani sapevano benissimo che dopo Copenaghen c’era un’altra Scandinavia  ma per raggiungerla bisognava superare un tratto di mare dopo il quale ci si sarebbe trovati  in “terre pericolose, poco conosciute”, terre dove il canto delle “belle sirene vichinghe” 

si sarebbe fatto sentire più forte, martellante per cui il ritorno a casa per il “Birro” non era più  così tanto garantito.  Si poteva correre il rischio infatti di rimanere definitivamente lassù, sposarsi, trovare un lavoro !  Copenaghen invece era sì una città scandinava ma era una sorta di “stazione a termine “ da dove dopo aver fatto le debite esperienze ed avventure si poteva solo tornare indietro, a casa a raccontare tutto con gusto agli amici del bar.

Un percorso di studi montefeltresco

Fino agli anni ’50 del ‘900 alcuni adulti di Novafeltria ai loro figli, nipoti o ai figli dei loro amici che volevano studiare, erano soliti ripetere questa filastrocca  in dialetto riguardo il percorso di studi più prudente ed appropriato per chi volesse conseguire una laurea:  “E Ginesi ma la Penna, e Licei a San Marein, l’Università ma Urbein” A Pennabilli c’era da sempre il Seminario gestito dai preti.  Chi nella zona voleva fare studi di indirizzo classico andava a fare il Ginnasio a Pennabilli.  Il Ginnasio allora comprendeva tre anni di Scuola Media e due anni di Ginnasio. Poi c’erano i tre anni di Liceo Classico; dove andarlo a fare meglio che a San Marino, addirittura nazione estera, piccola “isola pedonale” culturale dove uno studente si veniva a trovare  in un ambiente di studio familiare, con dei professori amichevoli ! E poi per la laurea c’era l’Università Libera di Urbino, con le sue facoltà di Magistero, Giurisprudenza, Farmacia. Quell’Università economicamente si basava molto anche sulle tasse di iscrizione universitarie.  Dove meglio di lì andare a conseguire la laurea !

Carosello

Ai tempi di Carosello era rinomata la pubblicità delle fibre tessili della ditta Rhodiatoce.

La pubblicità la faceva Gregorio che diceva “So Gregorio, er guardiano der Pretorio. 

Far la guardia nun me piace, c’ho ddu metri de torace”.  Era questo il ritornello in linguaggio romanesco che Gregorio ripeteva durante il suo show pubblicitario.  

I Pretoriani sono stati storicamente un corpo scelto di soldati che facevano la guardia a vari personaggi autorevoli ed erano sempre a disposizione per le necessità dell’imperatore romano.  Era quello di Gregorio un cartone animato pubblicitario contenuto nel Carosello degli anni ’60  dove Gregorio era però un pretoriano “sui generis”, basso, tozzo di busto e con gli arti stilizzati. Gregorio indossava con fierezza un elmo ed una corazza che era il doppio di lui. L’unico tratto marziale che gli si poteva appunto riconoscere, era il petto in fuori che ostentava per  tutta la durata della pubblicità.  Le varie trame del cartone animato non le ricordo, ricordo invece che le vicende di Gregorio  il guardiano del Pretorio finivano sempre in ridicolo.

Speriamo che quella volta la ditta Rhodiatoce a seguito della pubblicità fattale da Gregorio  non abbia dovuto chiudere qualche stabilimento periferico ! 

Detersivi  “Tide e Spick and Span”,  altra pubblicità di Carosello.  Erano delle scatole di detersivi per lavatrice di dimensioni più ridotte rispetto a quelle di un normale volume di enciclopedia. Il cartone di spessore grosso poteva avere come disegno un oblò 

di lavatrice dell’epoca e delle spirali colorate che terminavano con una punta che entrava nell’oblò, a significare di mettere il detersivo in lavatrice. La scatola di detersivo era colorata vistosamente, i colori erano tanti, il nero, il blu, il rosso.

Ogni scatola aveva al suo interno mischiato alla polvere del detersivo un regalino in plastica per i bambini. Di modo che spesso erano loro a dire alle mamme di comperare quei detersivi per il gusto di andare a cercare i regali che vi erano contenuti. 

Era come per i doni di Natale e della Befana. Queste erano le tecniche di Marketing dell’epoca. Dopo aver visto Carosello i bambini di allora di solito andavano tutti a nanna.

Anno 1966 – Discoteche “Ye Ye” 

Erano quelle discoteche dove si ballava lo “shake” ed erano illuminate al loro interno da faretti  a luce intermittente.  L’arredo del locale era semplice ed i divani erano tutti rigorosamente in finta pelle. A Rimini c’era una di queste discoteche vicino a piazza Tripoli. Era un “Must” per i sedicenni dell’epoca trascorrere come esperienza di vita una notte fuori casa dopo essere stati a ballare nella discoteca “Ye Ye”. A Novafeltria i genitori la sera non vedendo arrivare il figlio/a che era andato a ballare a Rimini 

di pomeriggio (quella volta le discoteche erano aperte anche di pomeriggio) incominciavano a preoccuparsi e verso mezzanotte decidevano che la mattina presto sarebbero andati a Rimini dai parenti chi li aveva per sentire se il figlio/a avesse trascorso la notte da loro, direttamente dai carabinieri invece chi non aveva parenti in città. I telefoni in casa quella volta non li aveva quasi nessuno per cui anche chi aveva i parenti a Rimini trovava difficoltà a telefonare, faceva prima ad andare la mattina successiva direttamente da loro. La mattina presto marito e moglie prendevano quindi la corriera od anche uno dei taxi che stazionavano nella piazza del paese (le famiglie che avevano le automobili erano poche) e via  giù  per la strada di Rimini.

Il figlio/a intanto aveva passato la serata in discoteca “pippando” sigarette, sbaciucchiandosi sui divani con la morosina/o di turno e dopo mezzanotte con la chiusura del locale, se ragazzo  non trovava di meglio che stendersi per qualche ora su una brandina in spiaggia (le spiagge di notte in quegli anni erano sicure, non era come adesso), aspettare le 6 di mattina  ed incamminarsi verso la stazione delle corriere per prendere quella per Novafeltria, se ragazza invece prendere la stessa corriera dopo aver passato la notte a casa di un’amica. Così poteva capitare che si incrociassero lungo la Marecchiese il mezzo che portava i trafelati genitori a Rimini e la corriera che riportava il loro figliol prodigo “all’ovile”.  Poi al ritorno a casa dei genitori c’era la scenata madre ed i giorni successivi i relativi pettegolezzi di paese a commento del fatto.

Un racconto del 1984

Una persona originaria di Novafeltria abitante a Rimini che da giovane aveva fatto il falegname mi ha raccontato di una giornata particolare della primavera o estate 1946 (non ricordo più con esattezza). Rimini dopo la guerra era in parte da ricostruire. 

La città aveva infatti subìto dei massicci bombardamenti, molte case e palazzi erano andati giù.In quel periodo da Novafeltria erano in molti i ragazzi giovani che con vari mezzi di fortuna venivano a Rimini per trovare lavoro a cottimo durante il giorno per poi la sera tornare su al paese. Si poteva trovare da lavorare come manovale di giornata, come facchino a spostare mobili vari  dalle case, si potevano trovare anche lavoretti inaspettati. Chi veniva giù in bicicletta, chi in corriera, chi in gruppo ammassati sui cassoni di furgoncini sgangherati. L’amico del racconto all’epoca aveva 19 anni e quella mattina veniva giù a Rimini in bicicletta. Anche se ancora giovane, padroneggiava già abbastanza bene il mestiere di falegname.  Veniva a Rimini perché tutte le volte trovava sempre da lavorare agli infissi delle finestre  degli appartamenti e così si guadagnava bene la giornata. Suo compagno di viaggio quella mattina era un altro giovane di Novafeltria che in bicicletta veniva anche lui a Rimini per poter fare qualche lavoretto.

La strada per Rimini era lunga, a tratti sterrata, ghiaiosa e piena di grosse buche.

I furgoncini erano costretti a procedere piano quando le incontravano, le ruote dovevano entrare lentamente dentro le buche oppure bisognava cercare di aggirarle con sterzate e manovre accorte. Non sempre era così. Ogni tanto qualcuno di quei furgoncini prendeva male con le ruote una buca, usciva fuori strada ed era costretto a fermarsi. Un altro poteva invece non rallentare abbastanza  ed entrare nella buca incrinando il semiasse delle ruote. Quando succedeva uno di questi incidenti, il compagno di viaggio del nostro amico passava veloce in bici vicino ai ragazzi scesi dai furgoncini, gli faceva il gesto dell’ombrello e poi gli diceva  “Tò ma te”, inteso come “Beccati quello che ti è capitato” e continuava  a pedalare ridendo. Infatti con i furgoncini in panne i ragazzi difficilmente avrebbero potuto raggiungere Rimini quindi nella testa del nostro compare, quelli erano dei concorrenti in meno per accaparrarsi i lavori in città ! La scena del “Tò ma te” era andata in onda più di una volta durante il tragitto e la persona 

che mi faceva il racconto mi diceva che si sentiva molto imbarazzata per il comportamento  che quel tizio teneva.  Alcuni km. prima di arrivare a Rimini però anche il suo compagno di viaggio si era infilato in una buca profonda ed aveva storto il cerchio della ruota, così mestamente si era dovuto fermare per organizzare il suo viaggio di ritorno a Novafeltria. Quindi niente giorno di lavoro a Rimini per lui e niente guadagno ! Allora anche noi, tutti in coro diciamo al nostro ciclista, mancato lavoratore a cottimo a Rimini  per quella giornata,   “Tò ma te” !

Il mare di Rimini negli anni ’60 

Era un mare generoso, pulito, salato. Frequenti erano le giornate con le onde da bandiera rossa. Sulla battigia, a distanza geometrica l’una dall’altra c’erano le altalene color blu con su scritto come pubblicità “Cinzano”. A 200 metri dalla riva c’era il trampolino di ferro, ci si arrivava a nuoto o su dei mosconi zeppi di gente e giù tuffi. Ogni tanto si rimediava anche qualche scorticatura.Le giornate erano lunghe, tranquille, silenziose e odoravano di salsedine.

I Pub a Rimini 

Bull & Bush,  tra piazza Pascoli e Lagomaggio (aperto nel 1967). Estate 1974.   Nel pub naif e tutto in legno la sera venivano ragazzi e famiglie inglesi più riminesi vari giovani e meno giovani. La pianista cinquantenne dal viso stereotipato per farsi sentire batteva forte i tasti sul pianoforte  a coda. Le canzoni erano tutte inglesi, marcette, canzoni nazionali, canzoni folcloristiche. Nei tavoloni di legno da 8 posti, tutti cantavano in inglese anche i riminesi perché almeno il ritornello di base, il leitmotiv lo conoscevano anche loro. Ai tavoli arrivavano di buona lena birre medie e piatti di patatine fritte.

Nel rumore generale il ritmo delle canzoni veniva scandito da tutti con colpi dati sui tavoli coi boccali di birra. Il posto si prestava anche all’”imbarcaggio” di straniere.

Rose & Crown,  angolo piazza Tripoli (il pub che a Rimini ha aperto per primo, nel 1964). Estate 1978.   Il “bingo” appeso al muro, i bassi separè di legno stilizzati ed elegantini,  l’atmosfera felpata e discretamente signorile.Anche questo locale si prestava all’”imbarcaggio” di straniere, mitica epopea estiva che negli anni seguenti sarebbe scomparsa, sciolta come neve al sole.

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