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Orecchio bionico, due interventi in maggio

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A distanza di una settimana l’uno dall’altro, nel mese di maggio, sono stati eseguiti a Rimini, presso l’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria diretta dal dottor Enzo Calabrese, due impianti cocleari (operatori dottor Calabrese e dottor Cola), di cui uno su un ragazzino di 14 anni, affetto da sordità progressiva sin dai primi anni di vita. Sono cinque gli interventi di impianto cocleare (popolarmente detto “orecchio bionico”) effettuati da quando tale attività ha preso avvio a Rimini, nel novembre 2007, e quello sul 14enne è il primo effettuato in un paziente in età pediatrica.

Nei mesi scorsi è stato attivato, presso il servizio di Audiologia dell’A.Usl (nell’ambito dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria), diretto dal dottor Daniele Farneti, un programma di rieducazione audio-logopedica infantile, funzionale agli interventi di impianto cocleare nei pazienti in età pediatrica. Tale programma ha avuto il via anche grazie alla collaborazione del Lions Club “Rimini Malatesta” che sta finanziando una borsa di studio presso il servizio di Audiologia. Fino ad ora questi interventi (non più di 600 in tutt’Italia) venivano effettuati, nella regione Emilia Romagna, solo a Parma, Piacenza, Modena e Ferrara. Anche Rimini dunque rientra nel ristretto novero di Aziende che in regione effettuano tale attività.

Tale primo intervento su un paziente in età pediatrica effettuato a Rimini ha avuto luogo venerdì 29 maggio, sull’orecchio destro, ed è durato circa quattro ore. L’intervento ha avuto decorso positivo. Tra qualche settimana, tempo necessario per la stabilizzazione dell’impianto, questo sarà attivato e il paziente, attraverso il percorso di riabilitazione di cui sopra, ricomincerà a sentire. Dal punto di vista estetico l’impianto cocleare non ha alcun impatto negativo: resta infatti collocato nella teca cranica dietro l’orecchio, e anche la cicatrice viene coperta dai capelli.

"Sono soddisfatto, oltre che per il risultato dell’intervento, per l’inizio di questa procedura anche in età pediatrica – è il commento del dottor Calabrese, che sia al momento del suo arrivo a Rimini, sia nel 2007 dopo il primo impianto, aveva sottolineato come gli interventi pediatrici fossero un obiettivo fondamentale – e colgo l’occasione per ringraziare pubblicamente il Lions Club ‘Rimini Malatesta’, tutta la mia equipe e, in particolare, il dottor Cola, il dottor Farneti, e naturalmente i  colleghi anestesisti e tutto il personale infermieristico, audiologico e logopedico che tanto si è prodigato anche per  far sentire a proprio agio il paziente in questa sua straordinaria avventura nel mondo dei suoni”.

Approfondimento tecnico. L’impianto cocleare è una tecnologia biomedica, messa a punto solo alla fine degli anni ‘80, che consente la stimolazione del nervo acustico in caso di sordità profonda o totale da disfunzione cocleare. Si tratta di un dispositivo elettronico che introdotto nella coclea, la struttura a forma di chiocciola dell’orecchio interno, bypassa le cellule uditive danneggiate stimolando direttamente il nervo acustico, tramite 22 elettrodi. Esternamente l’impianto è dotato di un minuscolo microfono direzionale e omnidirezionale che filtra i differenti tipi di suoni e di un elaboratore del linguaggio. L’impianto è costituito da una parte interna che si compone di una serie di elettrodi che vengono introdotti chirurgicamente all’interno della coclea, e da un ricevitore alloggiato nella teca cranica in prossimità della mastoide. Il sistema esterno si compone di più microfoni che, dopo aver captato i segnali acustici, li inviano ad uno "speech processor" che li elabora e li trasmette ad un’antenna mantenuta con un magnete accanto al ricevitore. Questo è l’unico dispositivo elettromedicale realizzato in grado di restituire uno dei cinque sensi.  L’impianto cocleare ha portato dunque un radicale cambiamento nell’approccio verso la sordità invalidante da diversi punti di vista: in primis dal punto di vista scientifico (si tratta infatti del primo organo sensoriale artificiale), poi sul piano sociale, poiché vi è la piena integrazione del sordo nella comunità degli udenti.

 

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