Rete criminale nel Riminese: arrestati imprenditore, dipendente Inps, commercialista e patronato

Operazione contro sfruttamento e permessi falsi a Rimini

A cura di Redazione
09 dicembre 2024 15:49
Rete criminale nel Riminese: arrestati imprenditore, dipendente Inps, commercialista e patronato - I carabinieri in azione
I carabinieri in azione
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Tra le quattro persone finite in carcere nell’ambito dell’operazione dei carabinieri di Rimini, che ha portato a 12 misure cautelari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento dei lavoratori e della prostituzione, c’è un soggetto calabrese che avrebbe avuto contatti con la criminalità organizzata. Come riporta l’Ansa – secondo il Gip del Tribunale di Rimini, questa persona, attraverso diverse società da lui gestite – una delle quali titolare di un albergo in un comune dell’entroterra riminese con amministratore il cognato, anch’egli arrestato – avrebbe organizzato un “sistema ben collaudato” per presentare domande di assunzione fittizie per cittadini extracomunitari.

Gli stranieri, che pagavano fino a 6.000 euro per ottenere il permesso di soggiorno, venivano alloggiati in un complesso alberghiero in una località marittima, riconducibile a una società il cui amministratore era formalmente il cognato, ma che secondo gli investigatori sarebbe stato solo un prestanome. In questo complesso, caratterizzato da stanze fatiscenti e inadatte ad accogliere turisti, i cittadini stranieri pagavano fino a 300 euro al mese e venivano impiegati in diverse attività lavorative. Il Gip ha sottolineato che, in alcuni casi, il trattamento riservato ai lavoratori, spesso in stato di bisogno e privi di regolare permesso di soggiorno, era “inumano e degradante”.

Tra le figure di rilievo emerse dalle indagini ci sono anche un dipendente dell’Inps locale, ora ai domiciliari, che agevolava l’accesso ai contributi e sussidi statali; un commercialista con studi in due città vicine, anch’egli ai domiciliari, che era consapevole delle intestazioni fittizie delle imprese riconducibili al principale indagato e che presentava domande fittizie per il rilascio dei nulla osta nell’ambito del decreto flussi 2020; e una dipendente di un patronato, anche lei finita ai domiciliari, che aiutava a presentare le domande nonostante fosse a conoscenza della falsità dei contratti di lavoro. (Vedi notizia precedente)

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