Rimini, caso Sangiovesa al Mare: assolta ex dirigente comunale dopo 11 anni
L'accusa rivolta all'ex dirigente riguardava il presunto ritardo nell'emissione delle ordinanze di demolizione del ristorante

La vicenda della Sangiovesa al mare, scomparsa dal lungomare di Rimini dopo la demolizione avvenuta circa dieci anni fa, ha dato origine a un caso giudiziario secondario, che ha coinvolto l’ex dirigente comunale dello Sportello unico per l’edilizia. Come riporta Corriere Romagna, quest’ultima era stata accusata di abuso d’ufficio e sottoposta a un lungo procedimento legale, durato quasi un decennio. Ora, la vicenda si è definitivamente conclusa con il riconoscimento della sua innocenza e il rimborso delle ingenti spese processuali sostenute. Tra l’altro, il reato contestato non esiste più, essendo stato abolito con il cosiddetto decreto Nordio della scorsa estate.
L’accusa rivolta all’ex dirigente (oggi in pensione) riguardava il presunto ritardo nell’emissione delle ordinanze di demolizione per il ristorante Sangiovesa al mare e il bar Barcollando. Secondo l’accusa, tale ritardo avrebbe favorito i gestori, consentendo loro di continuare l’attività nonostante la presenza di abusi edilizi, tra cui i noti gazebo e le pedane della Sangiovesa al mare su suolo demaniale. Questo aspetto aveva innescato un acceso contenzioso tra la srl Rema (Ricostruzione edilizia marina adriatica), controllata dalla famiglia Maggioli, e il Comune di Rimini.
Il percorso giudiziario è stato lungo e complesso. Dopo anni di indagini, il caso è arrivato a processo con rito abbreviato nel 2021. Il giudice Vinicio Cantarini ha assolto l’imputata con formula piena, stabilendo che il fatto non sussiste. A distanza di quattro anni, il Comune di Rimini ha deliberato il rimborso delle spese processuali anticipate dall’ex dirigente, per un importo superiore ai 12mila euro.
Insieme a lei, era stato imputato anche un messo comunale, accusato di aver ritardato dolosamente la notifica delle ordinanze di demolizione. Anche lui è stato assolto con formula piena. Un’ulteriore dipendente comunale, inizialmente coinvolta nel processo, era già stata prosciolta con una decisione di non luogo a procedere.