Rimini e aborto: il 38% di chi interrompe la gravidanza proviene da altre regioni italiane

Molte donne marchigiane devono recarsi a Rimini per poter abortire

A cura di Redazione
25 maggio 2025 12:02
Rimini e aborto: il 38% di chi interrompe la gravidanza proviene da altre regioni italiane - Repertorio
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In Italia il diritto all’aborto continua a non essere sempre garantito. Dati incompleti e resi noti solo dopo richieste insistenti, consultori pubblici che chiudono, difficoltà di accesso alla pratica per le donne migranti e diagnosi prenatali che arrivano con ritardi ingiustificati, sono all’ordine del giorno.

È questo il quadro disegnato nel convegno “Ripensare la legge 194”, tenutosi venerdì 23 maggio alla Camera dei deputati in occasione del 47esimo anniversario della legge sull’aborto, introdotta il 22 maggio 1978.

L’incontro, che ha visto la partecipazione di diversi esponenti di associazioni femministe e pro-scelta, è stato organizzato da Gilda Sportiello, deputata del Movimento 5 stelle, che ha promosso diverse interrogazioni parlamentari al ministero della Salute per ottenere dati ufficiali. “In questo momento storico è importante non lasciare gli spazi di discussione sull’interruzione di gravidanza esclusivamente alla destra – ha affermato Sportiello – trovo pericoloso e distopico associare il discorso sull’aborto a quello sul calo delle nascite”.

Dai dati illustrati emerge come in alcune regioni la percentuale di medici obiettori supera il 90% (in Molise è quasi il 91%). Ma quello della difficoltà a trovare personale sanitario non obiettore non è l’unico ostacolo all’accesso all’Ivg.

Come riporta l’Ansa, la carenza di strutture equamente diffuse sul territorio nazionale costringe le donne a spostamenti inter e intraregionali. “Emblematico è il caso della città di Rimini – ha illustrato Eleonora Cirant, di Rete ProChoice – qui il 38% di chi abortisce proviene da un’altra regione, principalmente dalle Marche, dove l’aborto farmacologico è consentito solamente fino alla settima settimana”. Rimini, infatti, permette l’interruzione volontaria della gravidanza attraverso il metodo farmacologico entro i 69 giorni. Mentre, per quanto riguarda l’aborto per via chirurgica, entro i 90 giorni.

La possibilità di abortire per via farmacologica fino alle 9 settimane è stata aperta nel 2020 attraverso le linee guida del Ministro Speranza. Toscana, Emilia-Romagna e Lazio hanno deciso di rendere effettive queste disposizioni. Umbria, Piemonte e Marche hanno invece dichiarato espressamente che non le seguiranno. Per questo motivo, oggi, Rimini si ritrova a dover accogliere molte pazienti provenienti da altre regioni.

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