Rimini: "Rivogliamo nostro figlio", la lotta di una coppia per riavere il bambino dopo 4 anni di separazione
L'appello di una coppia di genitori che hanno visto il loro unico figlio allontanato per il presunto "deficit cognitivo" della madre

“Rivogliamo nostro figlio, è giusto che il bimbo viva con noi, non possono togliercelo per sempre”. È l’appello di una coppia di genitori, entrambi di origine straniera, che hanno visto il loro unico figlio allontanato nel 2021. Da allora, dopo quattro anni, riescono a vederlo solo per alcune ore, tre volte a settimana. Il motivo di questa separazione, secondo il servizio tutela minori dell’Ausl di Rimini, sarebbe un presunto «deficit cognitivo» della madre. «Le autorità sostengono che non sia in grado di fare la madre, poiché non parla ancora correttamente l’italiano e non sembra dotata intellettualmente», afferma l’avvocata Camilla Di Leo, che assiste la coppia. Va però sottolineato che, come chiarito dalla legale, «non si tratta di una diagnosi medica, ma di un giudizio emesso dall’équipe educativa della comunità che ha seguito mamma e bambino e che li ha osservati». La domanda sorge spontanea: è davvero questo un caso di discriminazione, legato al fatto che i genitori sono stranieri? La coppia, lui di 40 anni e lei di 35, vive e lavora in Italia da lungo tempo.
Gli incontri tra i genitori e il figlio
Come riporta Corriere Romagna, il marito è titolare di 4 negozi sul lungomare di Rimini, l’ultimo l’ha aperto proprio per consentire alla moglie di lavorare e rendersi autonoma, di parlare la lingua e di relazionarsi con le persone. Lei sta alla cassa, fa i conti e tiene in ordine il negozio. Nei momenti liberi la coppia vede il figlio, che qualche ora al sabato e la domenica, il lunedì e il mercoledì, viene accompagnato agli incontri dai genitori affidatari. Ma l’ultima volta in cui la coppia ha avuto a casa il bambino è successo qualcosa che li ha sconvolti. Il piccolo ha detto al papà che la mamma affidataria si sarebbe detta la sua vera mamma. Certo, le affermazioni di un bambino di quell’età vanno prese con le pinze, ma i due genitori si sono sentiti trafiggere il cuore.
L’inizio della vicenda risale al 2021, quando la madre venne indagata per presunti maltrattamenti. L’incidente avvenne in un parco, dove la donna fu vista strattonare con forza il passeggino mentre il bambino, di soli 7 mesi, piangeva e lei sembrava non riuscire a calmarlo. Un passante allertò la polizia, che intervenne prontamente, accompagnando madre e figlio al pronto soccorso. Fortunatamente, il bambino non riportò alcun trauma e venne subito dimesso insieme alla madre. Tuttavia, una volta fuori dall’ospedale, la polizia fu nuovamente chiamata, poiché la donna fu vista strattonare il bambino anche mentre lo teneva in braccio a un parente.
«Molto probabilmente la signora aveva una depressione post parto non diagnosticata all’epoca – spiega l’avvocata Di Leo -. Ora le cose sono cambiate, il fascicolo a suo carico è stato archiviato definitivamente. Il bimbo non è un neonato, la mamma si è data da fare, ha imparato l’italiano e tenta di migliorarsi. Inoltre il padre è stato ritenuto idoneo per cui non si capisce perché il bambino deve essere cresciuto da un’altra famiglia».
Nel 2021, la relazione degli educatori faceva notare tutta una serie di comportamenti della mamma «non idonea», nel modo in cui giocava col piccolo, la merenda che gli dava e il fatto che una volta l’avesse messo a letto con le scarpine. La donna veniva giudicata ben vestita e curata ma nell’annotazione c’era anche la postilla che «non sempre aveva un buon odore». A distanza di 4 anni, per la precisione in gennaio, attraverso l’avvocata Di Leo i genitori hanno chiesto la fissazione di un’udienza d’urgenza al Tribunale dei Minori di Bologna perché si sono visti negare dal servizio sociale la possibilità di introdurre il pernotto perché «il padre continua a non riconoscere le criticità della madre nell’esercizio delle funzioni genitoriali». «L’unico che può intervenire a questo punto per restituire un figlio ai legittimi genitori è il Tribunale. Siamo in attesa dell’udienza», conclude l’avvocata Di Leo.