Il Governo lavora sulla manovra finanziaria e secondo quanto riferito dai media nazionali, per la sanità saranno stanziati 2,5 miliardi di risorse aggiuntive assieme ai 2,3 già programmati.
Di questi 4,8 miliardi, 2,7 saranno investiti per il rinnovo del contratto dei medici per il biennio 2021-22, 1 miliardo per il payback nelle forniture di dispositivi medici. Con la parte rimanente degli stanziamenti, riporta il quotidiano La Stampa, si cercherà di alleggerire le tasse che gravano sulla busta paga di medici e infermieri, alzando di fatto il loro salario, nella speranza di porre un freno all’emorragia di personale e allo spostamento di forza lavoro dal pubblico al privato.
Rimane però un nodo cruciale: la necessità di reperire personale destinato a lavorare nelle case e negli ospedali di comunità, due tipi di strutture su cui la stessa Ausl Romagna punta fortemente per potenziare la medicina territoriale.
A Novafeltria, nell’ala dismessa dell’ospedale Sacra Famiglia, verrà realizzato un ospedale di comunità, con personale infermieristico, per accogliere i pazienti in attesa di dimissioni, in quell’intervallo in cui non necessitano più delle cure in corsia, ma in cui ancora non possono essere lasciati totalmente senza assistenza. Le case di comunità – tre quelle in progettazione a Rimini – sono grandi ambulatori che forniscono prestazioni anche 24 ore su 24, pensate inizialmente per decongestionare i Pronto Soccorso.
Ma c’è un altro punto chiave nella manovra di Governo: la razionalizzazione delle spese. Regioni e Aziende Sanitarie dovranno procedere ancora una volta con i “tagli”. La Stampa cita un virgolettato di Ylenia Lucaselli, deputata di Fratelli d’Italia, secondo cui andranno tagliate le sale operatorie che in media fanno un intervento al giorno. E i reparti ospedalieri dovranno avere un tasso di utilizzo molto alto per evitare ogni tipo di “scure”.
In sostanza le strutture decentrate come l’ospedale Sacra Famiglia di Novafeltria rischiano depotenziamenti, con un impoverimento dei servizi: si crea sostanzialmente un circolo vizioso. Da una parte lo spopolamento diminuisce la produttività delle strutture (meno popolazione, proporzionalmente può diminuire quella che fa ricorso alle cure ospedaliere), dall’altra quando intervengono i tagli, si riducono i servizi che sono la principale causa dello spopolamento dei territori.
È questo il nodo fondamentale da sciogliere. Ospedali e case di comunità necessitano di personale, così le Aziende Sanitarie e le Regioni dovranno reperire risorse aggiustando i bilanci e modificando i servizi. Non è possibile assumere più personale per i Pronto Soccorso, che sono oberati di lavoro? Si è pensato, come soluzione, ai Cau, ai Centri di Assistenza Urgenza destinati a prendere il posto dei Punti di Primo Intervento negli ospedali decentrati.
Lo ha ribadito pochi giorni fa l’assessore alla sanità Donini: il potenziamento del servizio di elisoccorso è finalizzato a centralizzare gli interventi di emergenza-urgenza – i codici rosso, per intenderci – nelle strutture ospedaliere più importanti (quanto già avviene per gli incidenti stradali). L’Ausl può tamponare così l’emorragia di personale dai Pronto Soccorso, visto che i Cau avranno personale infermieristico e soprattutto vedrà in prima linea le ex guardie mediche.
L’Ausl Romagna, per ciò che concerne l’ospedale Sacra Famiglia di Novafeltria, destinato appunto a perdere il proprio punto di Primo Intervento, convertito in Cau, ha precisato che il 99% degli ingressi avviene per urgenze differibili. Quindi il Cau dovrebbe sostanzialmente garantire gli stessi servizi alla cittadinanza, che non “sentirebbe” la perdita del Punto di Primo Intervento.
Statistica incontestabile, ma il caso singolo (o qualche caso singolo) rimane fuori dalla statistica: un cittadino di Novafeltria colpito da inaspettata e improvvisa reazione allergica con orticaria e un’edema del labbro, non potrebbe fare più riferimento al Punto di Primo Intervento dell’ospedale Sacra Famiglia. Sospetti appendiciti, una tac in caso di un trauma cranico, diverse le casistiche che – al di là della mera statistica – possono richiedere un intervento in Primo Intervento o Pronto Soccorso.
Non si discute l’efficienza del servizio di elisoccorso o il lavoro dei medici e del personale del 118 che presidia le strade, relativamente al trasporto di pazienti dagli ospedali decentrati all’Infermi di Rimini o al Bufalini di Cesena, ma un’eliminazione dei Pronto Soccorso potrebbe causare un aumento della mole di lavoro per il trasporto dei pazienti. Servirebbero più ambulanze e più personale. Quindi più investimenti.
Il problema è sempre quello: una sanità efficiente dipende dalle risorse finanziarie stanziate e disponibili. Il Pnrr ha dato (ingenti) risorse per la costruzione delle strutture e per le strumentazioni necessarie al funzionamento di esse, ma serve la forza lavoro. Il rischio è quello riassunto da un’efficace metafora: quella della scatola vuota. Scatole bellissime, moderne, efficienti dal punto di vista energetico, ma vuote. La sanità diventa così una partita fondamentale per la politica. Nell’auspicio di vedere collaborazioni tra i vari enti e le forze politiche di diverso colore, ma con il sospetto che tutto potrebbe diventare semplicemente un comodo “scaricabarile” delle colpe, come la politica nazionale, ahinoi, ci insegna troppo spesso.
ric. gia.