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Storie di pazienti che cambiano la vita: "Di donna in donna", il libro della dottoressa Alessandra Parodi

Alessandra Parodi scrive "Di donna in donna. Storie di donne curate e curanti", un libro che esplora storie di cura e umanità

A cura di Redazione
18 maggio 2025 05:52
Storie di pazienti che cambiano la vita: "Di donna in donna", il libro della dottoressa Alessandra Parodi - Alessandra Parodi
Alessandra Parodi
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di Riccardo Giannini

Un libro per raccontare storie di donne, raccolte da chi le ha accompagnate, con professionalità ed empatia, nel percorso di cura. Alessandra Parodi, figlia del celebre campione di pallanuoto genovese Romolo Parodi, riminese d’adozione, è dirigente medico presso l’unità operativa di ginecologia e ostetricia dell’ospedale Infermi di Rimini, coordinatrice tecnico scientifica del programma di screening del tumore della cervice uterina.

Parodi ha deciso di scrivere un libro, raccontando ciò che ha vissuto in prima persona come medico: “Di donna in donna. Storie di donne curate e curanti“. Protagoniste sono le persone. I sentimenti, gli stati di animo, paure e speranze, gioie e dolori, delle pazienti e di chi si prende cura di loro: “L’umanizzazione delle cure deve tenere conto che il medico mette nella relazione col paziente anche se stesso e il proprio bagaglio personale. Dal paziente che viene curato ciò non deve essere trascurato. Ed è la base del rispetto reciproco che ci deve essere. Anche se questo periodo storico dice l’opposto. Ma siamo persone, ancor prima che professioniste”.

Oltre a una raccolta di storie, evidenzia l’autrice, “Di donna in donna. Storie di donne curate e curanti” è la celebrazione di un legame, di quel filo rosso che unisce le persone: “Nella mia professione non si può pensare di rimanere intatti, non scalfiti dalle situazioni che viviamo. E d’altro canto il medico è una persona con il suo vissuto, con i suoi traumi e le sue gioie, che interagiscono, durante il percorso di cura, con quelli del paziente”.

Il libro nasce spontaneamente, come fase conclusiva di un percorso di introspezione sviluppato attraverso la scrittura: “È un mezzo di riflessione – spiega l’autrice – ma anche di maturazione di idee e pensieri. Un modo di raccogliere idee. Così ho iniziato a scrivere queste storie di pazienti, perché mi sembrava che alcune belle storie, che mi avevano toccato, modificando il mio modo di pensare, mi stessero sfuggendo di mente, cancellate dalla memoria. Le ho scritte per fissarle”.

Così, mentre la scrittura procedeva, una storia si univa a quelle già scritte. Ed è nato il libro: “Parlandone con mia madre e mio marito Matteo ho pensato di raccoglierle in un libro. Era un regalo per me stessa. Poi mi è stato suggerito di pubblicarlo. Mi piaceva l’idea che queste storie non rimanessero chiuse in un cassetto e che potessero essere d’esempio per le persone: in molti possono ritrovarsi. Ma sono storie di straordinaria normalità: tutti giorni facciamo cose normali che però hanno una vena di straordinarietà. Ogni tanto riconoscerlo credo che sia una bella cosa”.

Ma quale, tra le tante raccontate, è la storia che ha più colpito l’autrice? “Quella che mi ha più ferita è la prima. L’ho intitolata epifania, è arrivata in un momento storico della mia professione in cui ero acerba e non ero pronta per affrontare una tragedia vera, quella della perdita improvvisa. Il lato umano ha prevalso su quello professionale, che non era pronto ad affrontare la grave tragedia della perdita della mamma di un bambino“.

Un destino ingiusto e triste. Quel destino che però, nel tessere le sue trame, fa incontrare le persone: il filo rosso che le unisce e che nella tradizione giapponese, lega due anime gemelle. In generale, quel filo è il legame che esprime l’affettività, il grande tesoro custodito da ogni uomo e ogni donna e che dà valore alla vita. Così il rapporto che si crea tra le persone è soprattutto crescita: una crescita che è rappresentata, infine, anche dalle separazioni che caratterizzano la nostra vita, dalle più banali a quelle più dolorose.

“Sì, tutte queste storie hanno qualcosa che colpisce, che sorprende: e con le persone, sono relazioni di cura che mi hanno aperto gli occhi su molti aspetti della vita che pensavo di conoscere, ma solo in teoria, e altri che ignoravo“, evidenzia l’autrice. “Nel mio percorso professionale sono cresciuta tanto: ho ricevuto tanto e spero di aver dato tanto. Faccio mie le parole di Patch Adams: in una relazione di cura, se curi la malattia, puoi vincere o perdere, ma se curi la persona, vinci sempre”.

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