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Accoltellamento Villa Verucchio: Muhammad Sitta e il suo arrivo in Romagna. Sperava nel rimpatrio

Arrivato in Romagna, il 23enne egiziano aveva svolto diversi lavori occasionali senza trovare un impiego stabile

A cura di Redazione
05 gennaio 2025 11:45
Accoltellamento Villa Verucchio: Muhammad Sitta e il suo arrivo in Romagna. Sperava nel rimpatrio -
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Negli ultimi tempi, Muhammad Abdallah Abd Hamid Sitta si era visto frequentemente a Rimini, presso il centro islamico Al Tawhid, dove si trovava anche nel pomeriggio del 31 dicembre, poche ore prima dell’aggressione ai passanti a Villa Verucchio che ha portato alla sua morte. Alcuni testimoni lo hanno notato in Corso Giovanni XXIII, dove era impossibile non vederlo. Seduto contro un portone con lo sguardo assente, tremori evidenti alle gambe e la misbaha, la catena di preghiera, tra le mani, lo aveva filmato un amico. Il video, di pochi secondi, è stato inviato ad un altro conoscente, al quale l’autore del filmato aveva espresso preoccupazione per le condizioni del ragazzo. Tra le possibili motivazioni del suo gesto, c’era la convinzione che un atto eclatante potesse garantirgli il rimpatrio in Egitto.

Il 23enne, pur essendo poco conosciuto, aveva iniziato a frequentare con maggiore assiduità la moschea, soprattutto di venerdì. Tuttavia, nei mesi precedenti, la sua presenza era diventata più frequente. Alcuni dei fedeli avevano scambiato con lui qualche parola, ma nulla di significativo. I suoi contatti più stretti erano con altri ragazzi della struttura di accoglienza dove viveva e con un paio di connazionali, uno dei quali era arrivato con lui in Italia nel 2022.

Dall’arrivo in Italia

Arrivato in Romagna, Muhammad era stato ospitato in vari centri, prima a Poggio Torriana, poi a Santarcangelo e infine a Villa Verucchio. Aveva svolto occasionali lavori, ma senza mai trovare un impiego stabile. Nonostante fosse stato inserito in un programma di integrazione, non era riuscito ad integrarsi socialmente. Inoltre, il debito accumulato dalla sua famiglia in Egitto per finanziare il suo viaggio in Europa aggiungeva un ulteriore peso alla sua condizione. Gli ultimi due anni erano stati caratterizzati da un crescente isolamento e disagio interiore.

Secondo quanto riferito da Aly Harhash, presidente della comunità egiziana che sta assistendo la famiglia di Muhammad, il ragazzo soffriva di disturbi psicologici. Non si sarebbe trattato di un caso di radicalizzazione o indottrinamento, come confermato dalle indagini iniziali. Le testimonianze raccolte da amici e parenti indicano che Muhammad non era un integralista, ma piuttosto un giovane che aveva bisogno di aiuto, come sottolineato dallo stesso Harhash.

Molti si sono chiesti se ci fossero stati segnali che avrebbero potuto far presagire un potenziale pericolo. Le indagini dei carabinieri di Rimini stanno cercando di stabilire se lo stato confusionale del giovane ripreso nel video del 31 dicembre possa essere legato all’assunzione di farmaci o a problemi di salute. Le autorità stanno cercando di ricostruire la personalità di Muhammad per comprendere cosa lo abbia spinto a compiere l’aggressione con il coltello poche ore prima della sua morte.

Alcuni testimoni hanno riferito che negli ultimi tempi Muhammad aveva vissuto un crollo emotivo, legato alla sottrazione di soldi, documenti (compreso il passaporto) e il furto del monopattino che usava. Nonostante ciò, non avrebbe mai denunciato i furti. Inoltre, alcune persone vicine a lui hanno raccontato che, a causa di disturbi mentali, era stato accompagnato in ospedale, un aspetto che gli investigatori stanno cercando di verificare. Tuttavia, saranno necessari tempi lunghi per concludere l’indagine. Harhash ha ribadito che la sua comunità non cerca vendetta, ma solo verità e giustizia, sostenendo la piena fiducia nella magistratura italiana. Ha espresso, tuttavia, qualche perplessità sulla necessità di aver colpito organi vitali durante l’intervento del carabiniere.

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