L’avvocato Catrani racconta la Belle Époque in un libro: “Serve un museo per raccontare la grande Rimini del ‘900”

L’avvocato Catrani presenta il suo libro dedicato alla Belle Époque e lancia l’idea di un nuovo contenitore culturale

Avvocato Catrani

di Riccardo Giannini

In Tribunale indossa la toga dell’avvocato difensore, nella vita svolge lo stesso ruolo di difensore, ma della bellezza.

Alessandro Catrani, stimato professionista e uomo di cultura, è infatti un appassionato collezionista di foto storiche della Rimini del passato. Immagini sottratte all’oblio del tempo che trascorre inesorabile e che l’avvocato ha restituito alla città attraverso la sua ultima pubblicazione, il libro “Gli anni dell’incanto. Eleganza e mondanità nella Rimini della Belle Époque”. Un’iniziativa editoriale che sarà presentata sabato 25 novembre, alle 17, nella sala Ressi del teatro Galli, in piazza Cavour a Rimini.

Il volume racconta la Rimini di fine ottocento e dei primi anni del novecento, l’epoca della Belle Époque, attraverso fotografie inedite, documenti, ma anche vario materiale cartaceo, dai manifesti ai biglietti di invito ai balli, il tutto arricchito da testi scritti dall’autore. Le fotografie sono state selezionate all’interno della collezione dell’avvocato Catrani, che conta 26.000 pezzi.

“Il volume è organizzato in una ventina di capitoli e racconta la moda, i circoli cittadini, il teatro, la nobiltà, i locali pubblici, la vita al mare, le scene di vita nelle ville delle grandi personalità che abitavano a Rimini, il Grand Hotel. Uno spaccato a 360° che dia al fruitore dell’opera una specie di documentario, pagina dopo pagina, di quell’epoca: singolare, ristretta, ma molto significativa, destinata a infrangersi nella guerra“, racconta l’avvocato Catrani.

“Gli anni dell’incanto. Eleganza e mondanità nella Rimini della Belle Époque” nasce durante il periodo dell’emergenza pandemica: “Ci è capitata tra capo e collo, i processi erano sospesi e siamo rimasti chiusi in casa. La mia è un archivio: ho così iniziato a tirare fuori il materiale dalle mie scatole, dai miei faldoni, comprese le fotocopie delle cronache dei giornali dell’epoca fatte in biblioteca. Passavo così le mie giornate, come gli studiosi di una volta. E l’opera ha preso forma”. Un’opera “dal taglio iconografico, visto che oggi la comunicazione è principalmente visiva” e che costituisce l’approdo alla maturità dello scrittore e dello studioso Alessandro Catrani.

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La Rimini raccontata da Catrani è quella di un turismo d’élite. Nel 1842 fu inaugurato il primo stabilimento balneare. Rimini accoglieva al Grand Hotel Hungaria la nobiltà e l’alta borghesia della Mitteleuropa: “L’impero austro-ungarico insieme alla Francia è stata la patria della Belle Époque”.

Era una Rimini internazionale, esclusiva, che accoglieva anche l’alta borghesia italiana, quella nata dalla rivoluzione industriale. Ed era il centro nevralgico delle serate più esclusive, come quelle che si svolgevano in una villa stupenda, progettata dagli architetti del Grand Hotel, i Somazzi: Ca’ Bianca. Il nome trae ispirazione da Blanche Aventi Roverella di Sorrivoli, attrice e contessa che rubò il cuore di un conte ferrarese che viveva a Rimini, a Villa Emma. Il conte la invitò a lasciare la scena e la coppia visse appunto a Ca’ Bianca, organizzando fastosi ricevimenti. Storie e luoghi raccontati da Catrani ne “Gli anni dell’incanto. Eleganza e mondanità nella Rimini della Belle Époque” . “Un’epoca che non poteva essere definita se non così: gli anni dell’incanto”.

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È una Rimini certamente lontana da quella del turismo di massa degli anni ’80-90, l’epoca più pop, ma ne è illustre antenata. Oggi Rimini cerca di affrancarsi dall’immagine di città esclusivamente balneare, dal turismo di massa e dal divertimentificio. Si punta sulla cultura, non a caso la nostra città è candidata a Capitale Italiana della Cultura per il 2026, ma per l’avvocato Catrani sarebbe fondamentale non fermarsi alla “microstoria e ai personaggi singoli”: “La cultura non può limitarsi a Fellini, ai Malatesta e alla gastronomia”.

L’idea lanciata dall’avvocato Catrani è quella di creare un grande contenitore culturale per celebrare Rimini quale capitale italiana del turismo: “Pensiamo ai musei San Domenico di Forlì, una città che non ha avuto la stessa importanza della Rimini del ‘900, con una sessione perenne i documenti visivi che raccontino la città dalla seconda metà dell’800 fino al periodo d’oro degli anni ’20-’30“, con l’obiettivo di “restituire un’idea di collegamento con un’epoca diversissima, ma che è esistita” , un’ “epopea magica che ha reso celebre Rimini nel mondo”.

“Ci vorrebbe un palazzo, un Lettimi, che possa diventare il museo del novecento riminese. Il museo potrebbe anche aiutare gli studenti nelle loro ricerche”. Le radici del turismo riminese sono infatti queste, il balneare a Rimini è nato, evidenzia Catrani, “perché la città aveva una struttura solida anche dal punto di vista amministrativo ed era un centro nevralgico della vita dell’epoca, una città con figure importanti”. Anni dell’incanto da ricordare e da tramandare, non solo per appagare quella ricerca di bellezza che può essere l’unica ancora di salvezza in tempi cupi.

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