di Riccardo Giannini
Cambio di proprietà Rimini Calcio: si infittiscono le voci su un cambio al vertice della società biancorossa. Donatella Filippi, sulle pagine de Il Resto del Carlino, cita un nome: il finanziere, pugliese d’origine e svizzero d’adozione, Stefano Petracca, fondatore di Responsible Capital, società di gestione di capitali con fondo d’investimento costituito in Liechtenstein. Diversamente, Alessandro Giuliani del Corriere Romagna, senza fare nomi, cita un investitore campano e una cordata di investitori del Centro-Sud Italia.
Il presidente Alfredo Rota è dunque pronto a passare di mano. Lo farà a testa alta, perché le ultime due stagioni sono state complessivamente positive. Ma al di là del discorso stadio – un altro risultato positivo portato avanti da questa società, a braccetto con l’amministrazione comunale – c’è il rammarico per un progetto impostato, sviluppato e poi interrotto. Perché un cambio di proprietà ha come conseguenza la necessità, da parte dell’investitore, di mettere sulla tolda di comando i propri uomini. Basti vedere, ai piani alti, cosa è successo in casa Milan, con Paolo Maldini “scaricato” alla prima occasione utile. E sarà così anche per il Rimini Calcio. Dopo aver lavorato duramente per ricostruire il settore giovanile, costruendo un nuovo gruppo di lavoro apparso piuttosto affiatato, tutto rischia di essere messo in discussione.
Cambio di proprietà Rimini Calcio: bloccato il mercato
Nel calcio di oggi è impossibile aspettarsi il mecenate che arrivi e faccia sognare la piazza. Il socio di minoranza che entri e porti soldi, per vedere comandare gli altri, è una meravigliosa utopia. Neppure Berlusconi, negli ultimi anni di gestione del Milan, è riuscito nell’intento. Figuriamoci nel “povero” calcio di Serie C. Attaccarsi alla città indifferente al calcio, in paragone soprattutto ai cugini del basket, è una giustificazione facile. Il calcio infatti “brucia” molti più soldi. Cordate e fondi di investimento sono il presente e il futuro di questo sport, sempre più improntato al business. Il paradosso è che i settori giovanili, da linfa vitale per il nostro calcio, stiano diventando indispensabili fonti di plusvalenza, in barba al romanticismo del calcio delle bandiere. D’altra parte un settore giovanile radicato sul territorio permette ai suoi migliori elementi di confrontarsi con realtà più importanti e questo si traduce in cessioni remunerative, che portino ossigeno e risorse da investire per consolidare la prima squadra.

Il panorama è questo e in casa Rimini sono ore e giorni di attesa. Il cambio di proprietà blocca tutto, dalla scelta dell’allenatore alle mosse di mercato. Serie B e Serie C sono ancora alle fasi finali di questa lunga stagione, ma poi le società inizieranno a rompere gli indugi. Il contratto di Zaccagno si avvicina alla scadenza ed è una ghiotta opportunità per club di Serie C ambiziosi. Il rinnovo di Panelli era già praticamente fatto, ma il “congelamento” dell’affare costringe il procuratore Piconcelli a guardarsi intorno: “Siamo al limite”, dice, riferendosi a un limite temporale. L’Ancona preme per riportare a casa Delcarro e vorrebbe fare la coppia con Santini, a dimostrazione di buone ambizioni per il prossimo campionato. D’altra parte i migliori giocatori sotto contratto vorranno avere garanzie sul progetto. Maniero lavora sottotraccia, ma il nuovo proprietario potrebbe dargli il benservito. Rota, sollecitato da Beppe Indino di Bar Sport, assicura che l’attuale società è al lavoro “per il mercato e per il futuro del Rimini“, puntando sui giovani. Non me ne voglia nessuno, ma sembrano frasi un po’ di circostanza. L’estate è appena iniziata, nei browser si intensificano le ricerche sul cambio di proprietà Rimini Calcio, ma la sensazione è che per i tifosi sia l’ennesima, stancante estate di attesa, di indiscrezioni e di rumors.
Un film gia visto purtroppo sono pessimista