Eolico, la consigliera Rossi attacca: “Serve un quadro normativo chiaro e meno frammentato”

“In Valmarecchia con gli impianti si va a impattare pesantemente sul territorio”

Parchi eolici Esempio di parco eolico in montagna Parco Eolico Badia

“L’esperienza della Valmarecchia ci insegna che servono regole nazionali in sintonia con le esigenze dei territori. Non possiamo sacrificare il patrimonio di intere comunità”, ad affermarlo è Nadia Rossi, prima firmataria dell’ODG, approvato all’unanimità, con il quale si chiede l’obbligo di intesa tra le Regioni per l’installazione degli impianti e un maggiore coinvolgimento per la definizione delle aree idonee. La consigliera del Partito Democratico dell’Emilia-Romagna lancia una critica severa riguardo l’attuale gestione degli impianti eolici, sottolineando la necessità di un quadro normativo più chiaro e meno frammentato tra i vari livelli di governo territoriale. L’intervento di Rossi, avvenuto tramite un ordine del giorno a sua prima firma e approvato all’unanimità, è stato collegato al voto in aula del REFIT (programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione), e ha messo in luce le problematiche legate alla realizzazione degli impianti eolici senza un’adeguata tutela delle comunità locali.

Intesa tra i territori interessati dalle installazioni eoliche

“Serve l’obbligo di un’intesa tra le Regioni coinvolte dall’installazione degli impianti eolici almeno fino a 7 km dal confine, perché non è accettabile che si verifichino situazioni come quella in corso tra Emilia-Romagna e Toscana” attacca Rossi. “La vicenda della Valmarecchia è plastica: con gli impianti di Badia del Vento e Poggio Tre Vescovi si va a impattare pesantemente su un territorio fragile ma pieno di ricchezze, molte delle quali tutelate, come quello di Casteldelci e della stessa Valmarecchia. Nonostante i pareri negativi espressi, la Regione non è nelle condizioni di bloccarlo, poiché le pale dell’impianto rientrano per pochi metri sul suolo toscano”.

Gli effetti degli impianti eolici oltrepassano i confini amministrativi e influenzano aree estese: “Faccio l’esempio degli impianti tra Emilia-Romagna e Toscana: per la sola costruzione delle undici pale di Poggio Tre Vescovi si dovrebbero abbattere 41mila metri quadrati di bosco nel territorio romagnolo e quasi il doppio in quello toscano. La transizione energetica deve passare massacrando i boschi, le aree naturali e il paesaggio dei nostri territori? Io non credo” commenta Rossi, che continua “a rimetterci in questi casi sono sempre le comunità, il loro territorio, il patrimonio culturale e storico del Paese, lo sviluppo turistico. Da tempo ascolto le richieste dei Sindaci, di tutte le parti politiche, delle associazioni che chiedono in modo unanime di fermare lo scempio che sta andando in scena in Valmarecchia. Non si può restare a guardare quando oltre 50 pale alte due volte il grattacielo di Rimini potrebbero andare a stravolgere un territorio. E per questo ho chiesto una maggiore attenzione nella revisione del quadro normativo nazionale sulla realizzazione degli impianti eolici, per assicurare una valutazione degli impatti ambientali e sociali e a introdurre criteri vincolanti per il rilascio delle autorizzazioni e per la definizione delle aree idonee e non idonee all’installazione.

Le Regioni devono essere coinvolte in modo più attivo in questa definizione. L’ho già detto, dobbiamo fare particolare attenzione alle aree con un’elevata fragilità idrogeologica e la presenza di frane: e il Governo deve farlo favorendo la massima condivisione con le Regioni, in armonia con il patrimonio delle comunità locali, la tutela del paesaggio, della biodiversità e avifauna. Ci sono riserve naturali protette da tutelare, parchi nazionali, aree designate per la conservazione della natura, corridoi ecologici per le specie animali protette come l’aquila reale. Non si può passare sopra a tutti questi aspetti come caterpillar in nome di una transizione energetica. La nostra Regione ha degli obiettivi precisi e sta facendo la sua parte per raggiungerli, un punto però deve essere chiaro: transizione sì, ma consapevole e giusta e soprattutto non a danno dell’ambiente e di territori che, una volta distrutti, non potranno più esserci restituiti” conclude Nadia Rossi.

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