Femminicidio Cecchettin, confermato l’ergastolo per Filippo Turetta: appelli inammissibili
La sentenza diventa definitiva
Si è tenuta oggi, nell’aula bunker di Mestre, la prima e unica udienza del processo d’appello per l’omicidio di Giulia Cecchettin, la studentessa 22enne uccisa nel novembre 2023 dall’ex fidanzato Filippo Turetta, già condannato all’ergastolo in primo grado.
La Corte d’assise d’appello di Venezia ha dichiarato inammissibili, per intervenuta rinuncia, gli appelli presentati sia dalla Procura sia dalla difesa di Turetta, confermando così integralmente la condanna all’ergastolo con l’aggravante della premeditazione. La sentenza diventa ora definitiva e sarà esecutiva al termine dei giorni previsti per il ricorso in Cassazione, possibilità esclusivamente formale dopo la rinuncia odierna.
Turetta ha scelto di non partecipare al processo di secondo grado, rinunciando all’appello. La stessa decisione è stata assunta dalla Procura di Venezia. Una situazione insolita, come ha sottolineato il presidente della Corte, Michele Medici, aprendo la breve udienza: "Ci troviamo in una situazione singolare, credo che nessuno tra i presenti abbia mai avuto occasione di celebrare un processo in queste condizioni".
Dopo pochi minuti, la corte si è ritirata per la decisione, confermando quanto già stabilito in primo grado.
In aula erano presenti gli avvocati della famiglia Cecchettin. Il legale Nicodemo Gentile, che rappresenta Elena, la sorella di Giulia, ha sottolineato l’importanza della conferma della sentenza, interpretandola anche come un riconoscimento del movente di genere nell’omicidio:
"La Corte di fatto ha riconosciuto il movente di genere: questi uomini uccidono per punire l’insubordinazione della donna che non risponde più alle loro aspettative", ha dichiarato.
Secondo Gentile, si tratta di "una grande apertura, una spinta moderna» che potrebbe portare in futuro a riconoscere più frequentemente l’aggravante dei motivi abbietti e futili nei casi di femminicidio, spesso caratterizzati da relazioni tossiche e analfabetismo emotivo”.
Con la rinuncia all’appello anche da parte della Procura generale, che aveva contestato la mancata applicazione delle aggravanti dei maltrattamenti e della crudeltà, Gentile ha spiegato che "l’esatta qualificazione del fatto purtroppo è sfuggita", ma che esistono "ragioni metagiuridiche" per concludere il percorso giudiziario.
"Le polveri del contraddittorio sono bagnate, è meglio fermarsi qui", ha detto il legale. "Questo non significa non ricordare più Giulia: la sua memoria continuerà a vivere fuori dalle aule di giustizia, come stanno facendo il papà Gino e tutta la famiglia".
Il riferimento è anche alla battaglia, rilanciata nelle ultime settimane, per introdurre programmi strutturati di educazione affettiva e sessuale nelle scuole, tema sul quale la famiglia Cecchettin è impegnata pubblicamente da mesi.
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