Governo vuole chiudere i negozi per le festività, Comune di Rimini contrario: "idea anacronistica"

Per Magrini lo scopo della legge proposta da Fratelli d'Italia è assolutamente "comprensibile" e "condivisibile", ma non lo sono "approccio e metodo",

A cura di Redazione
18 dicembre 2024 12:28
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Chiudere obbligatoriamente i negozi nei giorni delle principali festività, pena sanzioni salate e, in caso di recidiva serrande forzatamente abbassate. È la nuova proposta di legge presentata alla Camera da Fratelli d’Italia. Un’idea che l’assessore del Comune di Rimini Magrini definisce “anacronistica“.

“L’idea è semplice – spiega Magrini – cioè obbligare le attività commerciali, tanto della grande quanto della piccola distribuzione, quindi dal negozio di vicinato ai grandi marchi presenti nei centri commerciali, a rimanere chiuse almeno in concomitanza con le sei festività nazionali (Natale, Santo Stefano, Pasqua, Capodanno, Primo Maggio e Ferragosto), con l’obiettivo di garantire ai lavoratori il diritto a curare i propri interessi personali, famigliari, religiosi e culturali nelle giornate di festa”.

Per Magrini lo scopo è assolutamente “comprensibile” e “condivisibile“, ma non lo sono “approccio e metodo“, “impositivo e restrittivo come di tendenza di questo esecutivo“.

La norma inoltre penalizzerebbe i territori a vocazione turistica come Rimini, che nei periodi delle feste attirano i flussi più consistenti di visitatori.

“È poi contradditorio – rileva Magrini – il fatto che possano invece restare aperti esercizi pubblici, lasciando quindi la possibilità di lavorare solo a bar, ristoranti, via dicendo. Già questa noncuranza rispetto alle diverse esigenze e peculiarità dei diversi territori, basterebbe ad etichettare la proposta come controproducente oltre che inutile, a fronte di un contesto attuale dove esiste la sacrosanta libertà per le diverse realtà commerciali di decidere quando e come aprire”.

Magrini precisa di non voler ridimensionare il problema (“serio“) delle condizioni dei lavoratori, in particolare delle grandi catene commerciali.

“Non è imponendo sei giorni di chiusura obbligatoria che si tutelano gli imprescindibili diritti dei dipendenti, ma è garantendo  la turnazione, stipendi adeguati, riconoscimento degli straordinari, orari conciliabili con i tempi di vita, un’organizzazione del lavoro rispettosa di tutte le parti“, evidenzia Magrini. Obiettivi che “si possono assicurare e rafforzare attraverso il libero confronto con il sistema imprenditoriale, con i grandi gruppi, e non facendo marcia indietro sulla liberalizzazione con misure restrittive e meccanismi sanzionatori”.

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