Il “dolce svuota-dispensa” della Romagna: ha un nome particolare ed è il prodotto pasticciere principale delle feste invernali

Scopri il dolce contadino a base di pane vecchio, mele e miele: tradizione, curiosità e un segreto speciale!

A cura di Redazione
17 agosto 2025 18:00
Il “dolce svuota-dispensa” della Romagna: ha un nome particolare ed è il prodotto pasticciere principale delle feste invernali - Foto: Eiminun/Wikipedia
Foto: Eiminun/Wikipedia
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Un dolce umile, nato nei cortili delle case contadine, eppure ricco di poesia, memoria e sapore: il Bustrengo romagnolo è una delle ricette tradizionali più radicate nel territorio tra Rimini, la Valmarecchia e le colline dell’Emilia Romagna.
Realizzato con pane raffermo, mele, miele, uvetta, frutta secca e latte, il Bustrengo racconta la storia di generazioni che hanno saputo trasformare l’essenziale in poesia. Questo dolce rustico era un classico delle feste invernali e soprattutto del periodo natalizio, ma in alcune zone ancora oggi si prepara durante le fiere paesane e le sagre autunnali.

Il “dolce svuota-dispensa” della tradizione contadina

Il Bustrengo nasce da un concetto che oggi definiremmo sostenibile: non sprecare nulla, soprattutto il pane avanzato. Le famiglie contadine mettevano da parte gli avanzi e li univano ad altri ingredienti semplici e disponibili: pangrattato, farina di grano, mele grattugiate, miele, fichi secchi, uvetta, noci, nocciole, scorze d’arancia e limone, latte, uova.

In molte case si aggiungevano anche ingredienti extra: in Romagna sud-orientale si usava un po’ di vino rosso, nel forlivese si incorporava farina di castagne, mentre nelle zone montane era frequente trovare riso cotto nell’impasto.
Ogni famiglia custodiva la sua versione segreta, tramandata a voce, ogni volta leggermente diversa. È proprio questa variabilità che ha reso il Bustrengo un microcosmo culinario, un simbolo di identità locale che cambia da casa a casa.

Un legame fortissimo con Rimini e il suo entroterra

Nel Riminese e nei paesi dell’entroterra – da Verucchio a San Leo, da Santarcangelo a Talamello – il Bustrengo è più di un dolce: è una memoria collettiva. Le donne lo preparavano nei grandi tegami la sera prima delle feste, con la stufa accesa e le finestre appannate dal freddo.

Prepararlo insieme era un rito: ogni ingrediente aveva un significato, ogni gesto era parte di una liturgia popolare. Il suono del cucchiaio che gira nel latte caldo, le mani infarinate, l’attesa della crosta dorata: tutto contribuiva a creare un’atmosfera intima e familiare.
Nel corso degli anni, alcune sagre e feste paesane hanno riportato in auge questa tradizione, con concorsi per il Bustrengo più buono e varianti reinterpretate dagli chef locali.

Curiosità

In alcuni paesi della Valmarecchia si preparava anche una versione salata del Bustrengo: senza zucchero, con formaggio parmigiano e scorza di limone, servita come pane speciale per le feste contadine.

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