L’anoressia è ancora un problema
Conoscere le cause dell'anoressia nervosa e sapere quali sono i sintomi rappresentano il primo passo verso una diagnosi e una cura adeguate.

Questo disturbo alimentare colpisce fasce di popolazione sempre più giovani, in Italia. Conoscere le cause dell’anoressia nervosa e sapere quali sono i sintomi rappresentano il primo passo verso una diagnosi e una cura adeguate.
Che cos’è l’anoressia?
Anche se si parla comunemente di anoressia, il termine medico esatto è anoressia nervosa. Si tratta di disturbo del comportamento alimentare, piuttosto grave e complesso. Chi ne soffre dimostra una eccessiva paura di ingrassare, ed ha una percezione distorta del proprio corpo, non corrispondente alla realtà.
Perché si parla ancora di questo disturbo, quindi perché l’anoressia è ancora un problema sociale? Innanzitutto per una ragione di numeri. Secondo gli ultimi dati, a soffrire di anoressia in Italia sono 3 milioni di persone. In termini percentuali: tra l’8% e il 10% delle ragazze e circa lo 0,5% e 1% dei ragazzi. Questi sono numeri piuttosto alti, da non sottovalutare. Si tenga inoltre presente che se fino a qualche anno fa l’anoressia colpiva adolescenti tra i 13 e i 16 anni, attualmente l’età si è notevolmente abbassata, ed è ricompresa tra gli 11 anni e i 13 anni. Un abbassamento dell’età dovuto anche all’uso a volte indiscriminato dei social e alla paura del giudizio per il proprio aspetto.
Una condizione, quella dell’anoressia che si manifesta non solo sul piano fisico, ma ha profonde radici nella psiche della persona: sbalzi d’umore, isolamento sociale, tristezza, fino a sfiorare anche la depressione. Affrontare l’anoressia richiede un approccio completo, medico e psicologico, che prende avvio dalla conoscenza dei sintomi.
Quali sono i primi sintomi di anoressia?
L’anoressia nervosa si manifesta attraverso una serie di sintomi, si diceva, che sono sia fisici che psicologici. Sul piano fisico il sintomo più evidente è una significativa perdita di peso, spesso rapida, che porta il corpo a livelli di magrezza estrema. La persona ottiene questa perdita di peso con diete severe, digiuni che durano troppo, o eccessiva attività fisica. Altri sintomi fisici possono essere stanchezza cronica, vertigini e incapacità di gestire il freddo, per via della perdita del grasso, che aiuta a regolare la temperatura del corpo.
Dal punto di vista psicologico chi soffre di anoressia vive una forte paura di aumentare di peso, anche quando è con tutta evidenza sottopeso. Sviluppa un’ossessione per le calorie, il peso e la forma del proprio corpo, controlla frequentemente il proprio peso sulla bilancia e trascorre molto tempo davanti allo specchio.
L’isolamento sociale è un altro importante indicatore da non sottovalutare, perché chi soffre di anoressia può allontanarsi dalle relazioni e dagli eventi sociali proprio per evitare situazioni in cui può essere presente del cibo. L’umore è un’altra vittima dell’anoressia, e ne sono prova episodi di depressione, ansia e irritabilità, che rendono difficile la vita di tutti i giorni. Conoscere tutti questi segnali è di vitale importanza per agire al più presto.
Quanti anni dura l’anoressia e perché si manifesta?
La durata dell’anoressia è variabile. Questo disturbo alimentare può infatti presentarsi in diverse forme: può essere cronica o di lunga durata, grave oppure persistente. Per dare dei riferimenti, gli anni effettivi di malattia possono andare dai 3 anni fino ai 10 anni e oltre. Molto dipende dalla diagnosi, dalle cure, dall’ambiente e dal supporto attorno alla persona.
Le cause dell’anoressia nervosa sono diverse e spesso in connessione tra loro, e riguardano la biologia, la psicologia e il contesto socio-culturale. Sulla base biologica, ricerche suggeriscono una predisposizione genetica, con una maggiore probabilità di incorrere nell’anoressia da parte di persone che hanno familiari stretti con disturbi alimentari.
Dal punto di vista psicologico, il perfezionismo e una bassa autostima possono giocare un ruolo significativo, perché forzano la persona a cercare un controllo estremo sul proprio peso come mezzo per sentirsi valorizzato e sicuro di sé. I fattori socio-culturali producono poi un impatto notevole, in particolare l’influenza e il condizionamento dei nuovi media e dei canoni di bellezza che idealizzano la magrezza estrema, spesso accrescendo la pressione sociale in persone già vulnerabili.
Anche l’impatto dell’ambiente familiare e delle dinamiche nelle relazioni non va sottovalutato. Situazioni di stress, conflitti o aspettative familiari elevate possono agire come stimolo per il manifestarsi dell’anoressia. Infine traumi, come abusi fisici o psicologici, possono essere fattori significativi.
Si può intervenire e gestire l’anoressia?
Sì, ma il primo passo verso la guarigione è spesso il più difficile: riconoscere la malattia e accettare la necessità di un aiuto. Per superare l’anoressia nervosa serve un insieme di medici, psichiatri e psicoterapeuti, oltre che nutrizionisti. Professionisti specializzati che collaborano strettamente e costruiscono un piano di cura personalizzato, che ha come principali obiettivi la gestione del peso e il trattamento delle questioni psicologiche alla base.
Bisogna allora partire con il ripristino di una adeguata nutrizione e l’interruzione dell’attività fisica compulsiva, se presente. Dietisti e nutrizionisti sviluppano piani alimentari per l’introduzione progressiva del cibo, educando poi la persona sull’importanza di un’alimentazione equilibrata. È quindi necessario agire sul piano psicologico. Tra gli indirizzi che possono essere di aiuto, c’è la terapia cognitivo-comportamentale, che aiuta la persona a lavorare sulle sue false o distorte credenze in merito a peso e aspetto fisico.
Il supporto familiare ha infine un ruolo importantissimo. Può essere intrapresa infatti una terapia familiare, per affrontare dinamiche che possono aver contribuito all’emergere dell’anoressia, dando indicazioni a parenti e familiari su come fornire sostegno.
Potranno esserci purtroppo ricadute, il percorso sarà lungo e articolato, ma guarire dall’anoressia è possibile, le persone che ne soffrono saranno in grado di riprendere in mano la propria vita, imparando a gestire il disturbo in modo efficace e duraturo nel tempo.