Le celebrazioni del 25 aprile nel riminese: "Troppe volte dimenticata la lezione della guerra"
Le foto delle celebrazioni del 25 aprile nel riminese, le parole dei sindaci

Oggi (venerdì 25 aprile) il territorio riminese celebra l’ottantesimo anniversario della Liberazione d’Italia dal Nazifascismo.
Santarcangelo, il sindaco: “La nostra città è antifascista“Questa mattina (venerdì 25 Aprile) si sono svolte le celebrazioni istituzionali di Santarcangelo per l’80° anniversario della Liberazione nazionale dal nazifascismo, con ampia partecipazione di pubblico, alla presenza delle autorità civili e militari, con l’accompagnamento della banda musicale cittadina “Serino Giorgetti”.

Il paese era minuscolo | raggrinzito | come un bambino in fasce; | tremava tutto | si sgretolava, | e mandava una polvere di mattoni | un fumo di morte. | A ogni colpo il cannone | spegneva una candela | nelle stanze. | I tedeschi come lupi | inseguivano la gente | e Arrigo col carretto | i capelli bianchi di paura | urlava nella fuga: | «M’ammazzano». | La guerra non è la morte | nel tuo letto, è la benzina | che brucia le gambe | ai ragazzini, è un foro nella pancia | che ti fa mangiare la terra | come il gatto prima della morte. | La guerra è il cuore che si fa acqua fradicia | perché hai fatto dei nomi alla Ghestapo. | La guerra è quel morto | di cui porti la maglia | sono i capelli che piovono pidocchi | il sangue che cachi | nei colpi della tosse. | La guerra è quel mal di denti che ti batte nel cervello | il freddo sotto la pelle. | La guerra sono gli alberi | così belli, | il cielo che è così grande il fiume che va come una vela. | E tu, accecato e storpio | che devi morire”.
Ecco cos’è la guerra. I versi di Nino Pedretti, così terribili, colpiscono come un pungo nello stomaco. E così deve essere, perché davvero la guerra è quanto di peggio l’essere umano sia riuscito a inventare nella sua storia. Oggi ci ritroviamo per celebrare l’80° anniversario della Liberazione dell’Italia dalla morsa del nazifascismo e la fine di una guerra atroce, che in cinque anni ebbe un costo altissimo di vite umane e distruzione per il nostro Paese.
Ma il 25 luglio 1943, con un’accelerazione che divenne trauma a partire dal successivo 8 settembre, cominciò un’altra guerra: quella per la Liberazione appunto, che vide l’ampio fronte antifascista e gli eserciti alleati fronteggiare le armate del Terzo Reich e i fascisti della Repubblica di Salò. Oggi vorrei ricordare quanto fosse composito il fronte antifascista, quanto la popolazione italiana abbia scelto di sollevarsi in un moto che ha davvero rappresentato il riscatto morale dell’Italia di fronte a sé stessa e al mondo.
Tra le prime forme di Resistenza armata vanno ricordate quelle dei militari italiani all’estero, che si ritrovarono senza guida né riferimenti all’indomani dell’8 settembre: di fronte alla richiesta di resa incondizionata da parte dei nazisti molti si ribellarono, andando incontro a conseguenze spesso tragiche.
Chi ricorda oggi i Caduti di Cefalonia, fucilati a migliaia dopo aver rifiutato la resa e aver combattuto in armi l’ex alleato e ora nemico? Chi ricorda gli Internati Militari Italiani, oltre 600mila soldati deportati nei campi di lavoro del Reich per aver rifiutato di unirsi all’esercito della Repubblica di Salò?
Anche Santarcangelo è parte di questa storia mondiale: dopo l’armistizio, in Albania c’era tra gli altri il santarcangiolese Werter Paesini, che insieme a numerosi commilitoni si unì ai partigiani albanesi per combattere nella Resistenza locale. A Werter vorrei che dedicassimo un grande applauso.
Il Paese intero, o quanto meno una grande parte, combatté per la libertà e per vedere la fine della guerra. Ma anche guidato da un’implacabile sete di giustizia sociale che il fascismo aveva alimentato con vent’anni di spietata dittatura. E anche, forse soprattutto, per la propria dignità. La dignità di un popolo e di singoli cittadini, portatori di diritti umani inalienabili ai quali la Costituzione Repubblicana, nata dalla Resistenza, avrebbe finalmente dato risposte.
E Santarcangelo? Cosa succedeva in quel paese “minuscolo e raggrinzito” evocato dai versi di Pedretti che abbiamo letto poco fa? Più o meno tutto quello, in piccolo, che stava succedendo nel resto d’Italia. Santarcangelo è stata, è e sarà antifascista. L’ho detto il giorno del mio insediamento, l’ho ripetuto in altre occasioni e me lo sentirete dire parecchio nei prossimi anni, perché questa è la nostra storia. È la nostra cultura.
Di più: Santarcangelo è una città resistente. Questo titolo, scelto felicemente da Andrea Santangelo per la presentazione della sua ricerca storica sulla Resistenza e i deportati santarcangiolesi in programma mercoledì sera in biblioteca, sintetizza meglio di altri il nostro dna sociale e politico. Abbiamo sentito prima Pedretti, ma la nostra storia è piena di antifascisti e partigiani che diventano artisti e poeti, protagonisti di una ricostruzione morale e intellettuale che dovette fare a meno di chi, come Rino Molari, venne ucciso con la volontà precisa di azzerare la futura classe dirigente antifascista.
Ci hanno provato, ma non ci sono riusciti. Tonino Guerra tornò dalla prigionia, dov’era finito per la sua attività di propaganda antifascista, con un bagaglio di poesie straordinarie che resteranno per sempre a disposizione delle generazioni future per capire cosa significa perdere la propria libertà. Come possiamo poi non citare Gianni Fucci, che da giovanissimo patriota ci ha lasciato una testimonianza inestimabile, il libro “La notte delle bandierine rosse” scritto insieme a Serino Baldazzi, al quale s’ispira non solo la ricerca storica di Andrea Santangelo, ma anche lo spettacolo di Teatro Patalò che invito tutti a vedere questa sera al Lavatoio.
Santarcangelo è così, siamo abituati ad andare “in direzione ostinata e contraria” come avrebbe detto il grande Fabrizio De André. Del resto, facciamo la città slow mentre tutti corrono, e siamo ormai rimasti tra i pochi a parlare di pace quando tutti vogliono o preparano la guerra. Nella celebre canzone “La guerra di Piero”, De André traccia con poche pennellate un ritratto della guerra con pochi eguali: perché in fin dei conti la guerra si riduce a questo, uccidere o essere uccisi.
I partigiani non hanno avuto scelta, perché la guerra era già su di loro: l’unica, fondamentale scelta che hanno avuto è stata la parte dalla quale schierarsi, e per nostra fortuna hanno scelto di combattere dalla parte giusta della Storia. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo la possibilità di scegliere la pace e dobbiamo riconfermare continuamente la nostra scelta, non solo per il nostro bene e per quello delle future generazioni, ma anche come riconoscimento a quei partigiani, che oltre a combattere il fascismo lottavano per la fine della guerra.
Questi 80 anni dalla Liberazione sono un periodo di pace inedito nella storia europea, otto decenni che hanno garantito le premesse per lo sviluppo di una nuova civiltà, dal manifesto di Ventotene ai padri costituenti fino alla generazione Ryanair, che viaggia libera, senza confini e senza frontiere. Persone che oggi come non mai riescono a dirsi concittadini, uniti nelle istituzioni ma anche nelle abitudini della vita quotidiana. E questo è stato possibile perché l’Europa ha saputo garantirci la pace.
E se quella pace è stata figlia di una lotta di resistenza e libertà, allora non capisco perché non si possa affermare che alla stessa pace, a volte, serve una lotta di resistenza per potersi affermare.
Scriveva ieri Gentiloni su Repubblica che dalla resistenza nasce anche il principio del nostro orgoglio repubblicano. Una forma di patriottismo democratico che dovremmo affermare in modo trasversale, in difesa assoluta e inviolabile della vera figlia di quella liberazione, che è la Costituzione italiana. È chiaro che parlare da qui, da questo paese, durante una ricorrenza non può fare altro che innescare una riflessione, così com’è facile predicare la pace quando in pace si vive.
Ma la pace è un verbo, si deve fare. Lo abbiamo affermato anche con il premio alla pace dato a Roberto Scaini da parte di Educaid proprio a dicembre, qui a Santarcangelo. Noi da qui lo diciamo con forza, serve essere pronti a una nuova lotta di resistenza. La nostra in questo pezzo di mondo, oggi, può permettersi di essere una resistenza civile, politica, sociale e culturale, certamente non violenta.
Una resistenza che trovi nella diplomazia la strada di risoluzione delle controversie, che si riconosca in quei contrappesi del mondo che sono in condizione di mediare anche i grandi interessi e i grandi rancori. Pochi giorni fa se n’è andato un costruttore di ponti, un instancabile alfiere della pace come Papa Francesco, a cui tutti noi dovremmo essere grati al di là delle convinzioni religiose di ciascuno.
Ma se invece oggi guardiamo a quel pezzo di mondo a cui abbiamo fatto riferimento come sostenitori della Liberazione, a quel Patto Atlantico che ha garantito pace ed equilibrio, lo sguardo si sconforta. Il presidente degli Stati Uniti che bullizza il presidente ucraino o specula sui possibili futuri resort a Gaza è indegno, un disgustoso provocatore che si comporta da forte coi deboli e da debole con i dominatori dei propri interessi.
E invece proprio a loro dobbiamo chiedere a gran voce il disinnesco delle violenze, da un’Europa coesa che oltre al riarmo si occupi di azione diplomatica. In Ucraina dove si attaccano le messe durante la Domenica delle Palme, o a Gaza, dove oggi è ancora in corso un genocidio, un massacro innocente di persone, come noi, che non hanno le colpe del fondamentalismo. E noi facciamo fatica a scendere in piazza, disillusi ormai che qualcosa possa far cambiare idea a chi ha scelto di attaccare un altro popolo o reprimere le proteste all’interno del suo Paese, usando la violenza come strumento di consenso.
Se questi 80 anni hanno avuto un senso, il senso non è solo nella profondità della memoria, ma anche nello slancio del futuro, per cui ognuno di noi dovrebbe sentire quella tensione alla Resistenza, nella maggiore consapevolezza del privilegio del vivere in pace. A questo serve essere qui, essere insieme in un corteo, a sentirsi comunità. A questo servono gli sforzi dei nostri nonni, dei loro racconti insanguinati e sempre con gli occhi pieni di lacrime. A questo serve il passato, perché faccia di noi persone coscienti utili a un futuro migliore.
Io credo che Santarcangelo, su questo, una sua parte la possa fare. Grazie a tutte e a tutti. Viva la Resistenza e viva la Liberazione.
Misano, il sindaco: “Oggi ancora venti di guerra”Il maltempo non ha fermato le celebrazioni a Misano. Una mattinata che si è aperta, come tradizione, con la posa delle corone ai tre monumenti ai caduti presenti sul territorio comunale ed è proseguita con la Santa Messa in memoria dei caduti di tutte le guerre nella Chiesa Parrocchiale di Misano Mare.
È uscito anche un po’ di sole, in Piazza della Repubblica, quando è stato il momento dei discorsi del Sindaco Fabrizio Piccioni e di Nicola Semprini dell’Anpi di Misano. Sul palco anche gli alunni dell’Istituto Comprensivo che hanno letto poesie, racconti e testimonianze che hanno invitato a riflettere.
“Oggi ricorre l’80° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo – ha ricordato il primo cittadino nel suo discorso -. È il giorno in cui rendiamo onore a chi ha lottato, spesso fino all’estremo sacrificio, per conquistarci un futuro libero e democratico. È il giorno in cui ricordiamo la fine dell’occupazione nazista, della dittatura fascista e di una guerra che ha lacerato l’Europa e il mondo intero. Sono passati 80 anni e quante volte, in questi otto decenni, l’umanità ha dimenticato la lezione della guerra”.

“Oggi, nel 2025, il mondo è di nuovo attraversato da venti di guerra. La voce più autorevole che in questi anni ha parlato insistentemente di pace e ha chiesto la fine della guerra in Ucraina e la fine degli atroci bombardamenti su Gaza condannandoli senza indugio, è stata quella di Papa Francesco che ha lasciato il mondo terreno qualche giorno fa scavando un vuoto incolmabile non solo nella comunità cristiana, ma anche tra i costruttori di pace. A lui va il nostro ricordo e la nostra riconoscenza.
Oggi l’Europa è di nuovo messa alla prova: dai conflitti armati alle sfide migratorie, dalla crisi climatica all’ascesa di nuovi nazionalismi. Per questo dobbiamo tornare a credere nell’Europa unita, solidale, democratica, capace di agire in modo forte e coeso, nel rispetto dei diritti e della dignità di tutti. Perché, come ci ha insegnato la storia, nessun Paese si salva da solo. La libertà non è una proprietà esclusiva: è una responsabilità condivisa. Continuiamo dunque a celebrare il 25 aprile con orgoglio e con consapevolezza. Continuiamo a farlo con l’Anpi, con i partigiani che ancora sono con noi e con le nuove generazioni, che devono raccogliere e custodire questa eredità”.

“Oggi commemoriamo l’Ottantesimo anniversario della Liberazione e siamo come sempre e necessariamente in Piazza Silvagni per celebrare questa ricorrenza, occasione irrinunciabile per sostenere ed essere consapevoli dell’importanza della libertà, della democrazia e della pace.
Sono molto felice di avere al nostro fianco il Corpo Bandistico, Anpi, le Forze Armate, l’Associazionismo, la delegazione dell’Istituto Comprensivo Statale e tutti i cittadini e cittadine presenti. Questa ricorrenza viene da sempre celebrata a più voci per rimarcarne non sono l’importanza, ma anche la necessità e la rilevanza del contributo di ognuna e ognuno di noi.
Desidero dare inizio a questa celebrazione con il ricordo di Papa Francesco, in quanto è stato e rimarrà un grande interprete del nostro tempo nella difesa dei diritti umani, nella denuncia delle ingiustizie e delle oppressioni, nella priorità alla dignità di ogni persona, nell’impegno per il bene comune, fino alla condanna della guerra e della violenza. Questi sono valori fondamentali che sono stati anche alla base della Resistenza e che oggi, come allora, ci spingono a non rimanere indifferenti, ad impegnarci per un mondo più giusto e solidale, a custodire la memoria di chi ha sacrificato la propria vita per la libertà. Papa Francesco ci ricorda che la libertà è un dono, ma anche una responsabilità: non va mai data per scontata, ma custodita con impegno quotidiano.
Il 25 aprile 1945 è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti e impose la resa. Questa giornata nasce per ricordare la liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista.
Il 25 Aprile simboleggia il giorno dell’inizio della pace e della rinascita per l’Italia, la volontà di ripartire secondo i valori di unità, coesione e riconciliazione.
Oggi, nell’ottantesimo anniversario del 25 aprile, è sicuramente più che mai necessario sottolineare lo spirito della democrazia, l’affermazione del rispetto della dignità umana e della libertà, valori che, fin dalla sua fondazione, contrassegnano la nostra Costituzione e che parlano a tutte e tutti noi.
Desidero in particolare che insieme ci soffermiamo sulla parola memoria, una delle più significative del nostro tempo.
Dobbiamo confrontarci con l’inevitabilità della scomparsa degli ultimi partigiani viventi e quindi ricevere il testimone dell’esperienza diretta, facendone tesoro con la responsabilità di non fare venire meno la consapevolezza di ciò che è stato.
Affinchè la memoria rimanga viva è necessario riviverla, rivivere quei fatti con emozione, interrogandosi sempre, senza dare per scontato che non si possa nuovamente inciampare se non si è illuminati dagli insegnamenti della storia e dalle testimonianze.
Memoria è una parola che risuona con forza il 25 aprile, fondamentale per riflettere sul nostro passato, su una lotta fatta di coraggio, sacrificio e un profondo desiderio di libertà e democrazia.
Come possiamo, allora, preservare la memoria autentica di chi ha combattuto per la nostra libertà? È un compito cui non possiamo sottrarci. In primo luogo, è fondamentale un impegno costante nell’educazione delle nuove generazioni. Portare nelle scuole le testimonianze e analizzare fonti storiche, documentari, film, libri, opere teatrali, aiutando i più giovani a sviluppare un pensiero autonomo e consapevole.
Per questo crediamo fortemente nella presenza degli Istituti Comprensivi in giornate come questa e proprio per questo ringraziamo i docenti che insieme ai ragazzi hanno dialogato ed approfondito il tema per poterlo poi testimoniare oggi. Tra poco li ascolteremo.
È cruciale inoltre valorizzare e rendere accessibili gli archivi, i musei e i luoghi della memoria legati alla Resistenza. Promuovere la ricerca storica rigorosa e indipendente è un altro pilastro fondamentale per contrastare revisionismi.
Proprio per questo abbiamo deciso, su proposta di Anpi che ringraziamo profondamemente, di onorare la memoria di Egidio Renzi, marignanese, operaio, partigiano e antifascista, ucciso a Roma il 24 marzo 1944, martire delle Fosse Ardeatine, attraverso la nuova intitolazione della via a lui dedicata, che permetterà di evidenziare il suo impegno antifascista e il suo sacrificio.
Inoltre questo pomeriggio, alle 18, la Casa della Cultura ospiterà una presentazione ed approfondimento della sua figura, che vedrà la partecipazione dell’ANPI e dell’Istituto per la storia della resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Rimini. Si tratta di un’occasione preziosa per condividere e promuovere cultura.
Il 25 aprile non è solo una ricorrenza, ma un monito costante: La memoria è un atto di giustizia!
Ricordare la Resistenza significa onorare il sacrificio di chi ha lottato per la libertà, ma anche vigilare affinché gli ideali di democrazia, giustizia e uguaglianza per cui si sono battuti non vengano mai dati per scontati e non siano calpestati.
La memoria viva è un baluardo a difesa della democrazia e un faro per costruire un futuro più libero e giusto.
Noi siamo quotidianamente impegnati su questo versante e chiediamo a tutta la cittadinanza di vivere una memoria attiva insieme a noi.
A tutti noi ma soprattutto a loro è affidato il Futuro.
Viva la Liberazione, viva la Repubblica, viva l’Italia.
Buon 25 aprile a tutti e tutte!”.

A Cattolica in tanti hanno sfidato la pioggia della mattina per prendere parte a ogni fase della commemorazione, dall’alzabandiera e deposizione delle corone alla processione in corteo, accompagnato dalla banda di Colombarone e Fiorenzuola di Focara, fino a piazza Roosevelt dove, dopo l’alzabandiera e deposizione di corone al Monumento alla Pace, si sono alternati gli interventi della sindaca Franca Foronchi, di Maurizio Castelvetro, presidente di Anpi di Cattolica-San Giovanni in Marignano e Silvio Di Giovanni, scrittore cattolichino.
Grande commozione alla consegna dell’attestato per il partigiano Odoardo “Edo” Conti, appena scomparso. A ricevere la pergamena sono stati i suoi famigliari. “Mio nonno è stato un grande antifascista”, il ricordo del nipote.
“È bello vedere come Cattolica risponda sempre con grande partecipazione – ha detto la sindaca Foronchi -. Siamo numerosi ed è molto importante essere qui oggi. Sono passati 80 anni da quel 25 aprile del 1945. Ci stiamo allontanando sempre di più da quei fatti e se ne stanno andando i testimoni di quella immane tragedia. Per questo il nostro compito, di istituzioni e di adulti, è di tenere sempre viva la memoria di quei giorni, degli eroi ed eroine che ci hanno donato libertà e pace, di tramandare alle nuove generazioni la verità della storia”.
La sindaca ha ricordato due cattolichini appena scomparsi: “Bruna Morganti, figlia di Guido, il sarto di Cattolica che salvò diverse ebrei dalla deportazione e dalla morte. Bruna ha raccolto l’eredità del padre, morto negli anni ’50, è ne è stata testimone per mantenere vivo quell’atto di solidarietà, speranza e pace di Guido, raccontandolo incessantemente fino alla fine della sua vita”.
Poi Edo Conti: “Ad appena 14 anni, scelse subito da che parte stare. Divenne staffetta partigiana e arrivò a frequentare le case di nazisti e del Podestà di Cattolica dove fingeva di giocare con i loro figli per carpire informazioni utili che poi riferiva ai combattenti della Resistenza. Una persona di grande coraggio”.
“Ebbene – chiosa la sindaca – adesso tocca a noi. Questi testimoni ci stanno lasciando e noi dobbiamo tenere in vita le loro storie e quello che hanno fatto per conquistare quella democrazia, libertà e pace nella quale viviamo a distanza di 80 anni. Ma la democrazia e la pace sono fragili e dobbiamo difenderle ogni giorno. Viva la Liberazione e viva Cattolica, città della Resistenza, oggi e sempre”.
Dopo la prima cittadina è stato il turno di Castelvetro dell’Anpi e anche lui ha ribadito l’importanza della memoria. Silvio Di Giovanni ha commosso i cittadini con le sue parole, ricordando gli eventi principali che hanno portato il Paese nella tragedia della guerra e i grandi “partigiani” che hanno risollevato l’Italia dalle macerie, assicurandole 80 anni di pace.
