Manifesti anti aborto a Rimini, accolte le ragioni del Comune: "Contenuto non veritiero e fuorviante"

Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del Tar: i manifesti che associavano la pillola abortiva al veleno contenevano messaggi fuorvianti

A cura di Redazione
18 gennaio 2025 12:24
Manifesti anti aborto a Rimini, accolte le ragioni del Comune: "Contenuto non veritiero e fuorviante" - Il manifesto in questione
Il manifesto in questione
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Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Pro Vita e Famiglia Onlus a seguito della decisione del Comune di Rimini, nel dicembre 2020, di vietare l’affissioni di manifesti sulla campagna comunicativa avviata dall’associazione contro l’aborto. Nei manifesti veniva raffigurata una donna stesa per terra, con una mela rossa accanto, a ricordare la fiaba di Biancaneve e lo slogan “Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva Ru486. Mette a rischio la salute e la vita delle donne e uccide il figlio nel grembo”.

L’affissione, evidenzia la sentenza del Consiglio di Stato, costituisce “espressione del diritto alla manifestazione del pensiero, finalizzata a suscitare un dibattito plurale e la riflessione critica”.

La giurisprudenza europea e italiana però hanno sancito un principio: “La libertà di espressione non è illimitata e assolutamente non controllata, ma, comportando doveri e responsabilità, può essere sottoposta dall’autorità pubblica anche a formalità, condizioni ovvero restrizioni, le quali, proprio in una società democratica, appaiono misure necessarie a proteggere l’interesse pubblico superiore e la reputazione ovvero i diritti altrui”.

La sentenza del Consiglio di Stato rileva che non c’è un oggettiva verità dell’affermazione “la pillola abortiva mette a rischio la salute e la vita della donna”, essendo in contrasto con i rilievi di ordine scientifico e anche con l’approvazione da parte delle autorità competenti. Affermazione che sul manifesto è “dal tenore perentorio e oggettivamente fuorviante“.

L’analogia tra la pillola abortiva e il veleno, rafforzata dall’immagine della donna stesa per terra, è per il Consiglio di Stato “espressiva di conseguenze gravemente lesive per la salute della donna, rende coerente e non censurabile la motivazione della deliberazione comunale”.

Così negare che il farmaco sia equiparabile al veleno “non significa censurare il giudizio valutativo negativo sull’aborto”.

Tar e Consiglio di Stato sono concordi nell’affermare che la libertà di manifestazione del pensiero tutelata dalla norma costituzionale non sia lesa dalla decisione dell’amministrazione comunale, che si è limitata “a non consentire l’affissione di manifesti il cui contenuto risultava oggettivamente non veritiero e suscettibile di condizionare in modo fuorviante e ingannevole (equiparandolo ad un veleno) l’utilizzo di un farmaco regolarmente approvato dalle competenti Autorità sanitarie”.

Tanto più che il Comune ha poi consentito l’affissione di manifesti successivamente commissionati dall’associazione Pro Vita, previa eliminazione del messaggio contestato.

L’amministrazione comunale di Rimini esprime la sua soddisfazione: “prima il Tar e quindi il Consiglio di Stato hanno riconosciuto le ragioni dell’ente pubblico nei confronti di un messaggio scientificamente infondato e fuorviante. L’intervento del Comune di Rimini è stato dunque pienamente giustificato”.

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