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Non crederai cosa nasconde questo parco | La Vena del Gesso Romagnola svela un lato inaspettato

Esplora la Vena del Gesso Romagnola: dorsale carsica unica in Emilia-Romagna, grotte profonde, flora rara e misteri sotterranei UNESCO.

A cura di Redazione
26 giugno 2025 15:00
Non crederai cosa nasconde questo parco | La Vena del Gesso Romagnola svela un lato inaspettato - Foto: Dadonene89/Wikipedia
Foto: Dadonene89/Wikipedia
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Il Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola è uno dei più straordinari scrigni naturali dell’Emilia-Romagna: una dorsale di gesso puro lunga 25 km e larga 1,5 km che si snoda tra Imola, Brisighella e Riolo Terme, regalando panorami da cartolina e ambienti sotterranei unici nel loro genere 

Un mondo sospeso tra rocce e grotte

Quest’area è l’unica catena composta esclusivamente da gesso in Europa, formatasi circa 6 milioni di anni fa e oggi protetta come Patrimonio dell’Umanità UNESCO (dal settembre 2023) per il “Carsismo nelle evaporiti dell’Appennino settentrionale” 
Nel suo cuore, centinaia di grotte, abissi, doline e valli cieche disegnano un paesaggio ipnotico: bastioni gessosi che emergono tra boschi e calanchi, mentre sottoterra si estendono grotte famose come la “Tanaccia” e la “Grotta di Re Tiberio” a Riolo Terme.
L’intero sistema carsico supera i 40 km di sviluppo sotterraneo, con cavità che scendono fino a 265 m di profondità .

Flora, fauna e archeologia speleologica

La Vena ospita quasi 2.000 taxa vegetali, incluse specie rare come orchidee selvatiche, gigli rossi e felcetta persiana.
Sul fronte animale convivono 242 specie vertebrate, tra cui pipistrelli, lupi, gufo reale e gatto selvatico.
Sotterranei e rupi custodiscono tracce di presenza umana antichissima: tessuti rupestri legati ai protostorici, gessi impiegati in costruzioni medievali dei borghi circostanti, e cave storiche come la “Cava a filo” della Croara, testimonianza di archeologia industriale.

Curiosità

La Vena nascosta tra Emilia e Romagna venne studiata sin dal XVI secolo da scienziati come Luigi Ferdinando Marsili e Giuseppe Scarabelli, che furono tra i primi a ipotizzare la formazione nell’antico bacino evaporitico. Poi, negli anni ’60, speleologi ed ambientalisti si mobilitarono per trasformarla in Parco regionale nel 2005

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