Non troverai nulla di simile in Italia: la grotta dimenticata di Brisighella

Grotta Tanaccia a Brisighella: speleologia antica, riti del Bronzo e curiosità su pipistrelli e reperti archeologici.

A cura di Redazione
02 agosto 2025 14:00
Non troverai nulla di simile in Italia: la grotta dimenticata di Brisighella - Foto: OMI cammina/Wikiloc
Foto: OMI cammina/Wikiloc
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Nel cuore dell’Appennino romagnolo, incastonata tra le spettacolari pareti della Vena del Gesso Romagnola, si apre la Grotta Tanaccia, un autentico santuario naturale e storico che si estende sotto le colline di Brisighella. Questo sito carsico è considerato uno dei più suggestivi e ricchi di fascino dell’intera dorsale gessosa, non solo per le sue formazioni geologiche uniche, ma anche per il valore archeologico e antropologico che racchiude.

La grotta venne scoperta e mappata negli anni ’30 del Novecento dal pionieristico speleologo Giovanni Bertini Mornig, che fu tra i primi a esplorarla sistematicamente, rivelandone la straordinaria estensione. Ma i veri segreti della Tanaccia risalgono a tempi molto più antichi: gli scavi archeologici condotti tra il secondo dopoguerra e gli anni ’70 hanno rivelato reperti risalenti all’Età del Bronzo, tra cui frammenti ceramici, utensili in selce, ossa animali e resti umani. Tutto lascia pensare che l’antro sia stato utilizzato, per diversi secoli, come luogo funerario, sede di riti propiziatori o culto ancestrale legato alle forze sotterranee della terra.

Il tempio sotterraneo tra pipistrelli, laghetti e concrezioni di gesso

La Grotta Tanaccia si estende per oltre 2 chilometri, articolandosi in una serie di gallerie, cavità e saloni scolpiti nel gesso selenitico, una roccia brillante e friabile tipica della zona. Il tratto oggi percorribile con guida si sviluppa su circa 500 metri, attraversando spazi straordinari come la Sala delle Sabbie, la suggestiva Sala del Laghetto, che ospita un piccolo specchio d’acqua alimentato da stillicidio, e la Sala Piatta, caratterizzata da un pavimento perfettamente orizzontale levigato dal tempo.

Le pareti e le volte sono adornate da concrezioni gessose, piccole stalattiti e colate cristalline che riflettono la luce delle torce con un effetto quasi mistico. Durante la visita, è facile percepire la forza viva di questo ambiente ipogeo: umidità, silenzio profondo, odore di terra e calcare, e la consapevolezza di camminare dove, millenni fa, si svolgevano forse cerimonie sacre o riti di passaggio.

Dal punto di vista ecologico, la grotta è sito protetto per la presenza di diverse colonie di pipistrelli, tra cui il rinolofo maggiore e il vespertilio di Bechstein. L’accesso è infatti limitato alla stagione tra aprile e ottobre, per non disturbare il letargo invernale di questi mammiferi, la cui tutela è garantita dal Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola.

Speleologia, archeologia e il nome dimenticato

Oggi la Tanaccia è diventata una delle mete principali per appassionati di speleologia e naturalisti. La visita guidata, obbligatoria per motivi di sicurezza, permette di entrare in contatto con un ambiente naturale autentico e incontaminato: cunicoli stretti, cavità alte fino a 15 metri, formazioni a “denti di squalo”, erosioni fluviali e passaggi che si restringono e poi si aprono in spazi ampi e sorprendenti.

A rendere ancora più intrigante il sito è la sua continua evoluzione: le infiltrazioni d’acqua scolpiscono ogni anno nuove geometrie, mentre i microrganismi presenti nelle concrezioni testimoniano un ecosistema sotterraneo in continuo equilibrio. Le guide locali raccontano anche di ritrovamenti occasionali, come amuleti, frammenti di punte e persino monete medievali, probabilmente cadute dai pastori o pellegrini che si avventuravano nelle cavità.

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