Novafeltria, la generosa lotta per la sopravvivenza dei negozi di vicinato: "Fate la spesa nel vostro paese"
Novafeltria, i negozi di vicinato e la loro "battaglia" quotidiana. "Sensibilizziamo il cittadino a fare spesa nel proprio paese

di Riccardo Giannini
Anche a Novafeltria, come in tutte le realtà dell’entroterra, ma anche nella ricca Riviera, i negozi di vicinato “lottano” per la sopravvivenza. La situazione è critica per molteplici fattori: una tassazione sempre più “feroce”, lo spopolamento, la concorrenza dell’online e come avviene nelle grandi città, l’arrivo di store, siano essi o meno legati alla grande distribuzione.
Abbiamo così sentito una delle commercianti di Corso Mazzini, una delle zone di pregio del paese, collegata alla piazza Vittorio Emanuele II, per tastare il polso della situazione in maniera concreta.
“Non vedo un futuro roseo, noi negozi di vicinato non possiamo competere (con gli store, n.d.r.), subiamo una concorrenza sleale“, ci riferisce. Nel centro storico di Novafeltria, tra chiusure e prossime chiusure, si sono abbassate o si abbasseranno 4-5 serrande. “Si sta creando un grande spopolamento: cosa rimane per una persona che passeggia? Non ci sarà nessuna vetrina”, evidenzia laconicamente l’imprenditrice.
Novafeltria, i negozi di vicinato sono una risorsa
Il negozio di vicinato ricopre un ruolo fondamentale nel tessuto economico sociale. Anima i borghi, i centri storici dei paesi, è anche un presidio per la sicurezza: dove ci sono vetrine vuote e serrande abbassate, non c’è più giro di persone, con tutte le conseguenze che ciò comporta, specie nei mesi invernali, dove le ore di luce sono minori. “Il negozio di vicinato è anche un punto di incontro per gli anziani che a casa non hanno nessuno – aggiunge la nostra interlocutrice – e un negozio che chiude non è solo un’insegna che scompare o una saracinesca abbassata. È un luogo di incontro in meno, un posto in meno dove socializzare e scambiare due parole”.
Infine, il paese perde la propria identità: i negozi di vicinato infatti sono cura del cliente anche attraverso un’accoglienza diversa da store e centri commerciali: le persone si riconoscono, c’è cordialità, ci sono rapporti personali: “Quando un’attività chiude, sui social tutti a scrivere mi dispiace. Come nella vita: non ci si ferma a parlare mai con una persona, poi quando quella muore, ah, era proprio una bravissima persona, mi dispiace. Ecco, invece di esprimere dispiacere quando chiude un negozio, bisognerebbe pensare di aiutare a tenerlo aperto”.
Ed ecco allora l’appello alla cittadinanza: “Bisogna sensibilizzare il cittadino a fare spesa nel proprio paese. Non focalizzarsi poi sugli stessi posti, dobbiamo cercare di capire l’importanza di acquistare a rotazione da ogni esercente presente”. Ogni singolo cittadino può essere fondamentale in questo processo di “resistenza” di contrasto allo spopolamento e allo “spegnimento”, metaforico e non solo, del proprio paese: “Se vogliamo provare a stare in piedi, dobbiamo fare così: dire, un giorno vado da uno, il giorno dopo vado dall’altro”.
Lo stesso discorso si applica agli stessi commercianti: “Serve più fratellanza, acquisti reciproci. Quando ci sono feste ed eventi, c’è grandissima coesione. Ma finita la festa, ognuno torna a pensare a se stesso: vita mia, morte tua. Non va bene così”.
Parole accorate e appassionate, una riflessione che invita a una maggior solidarietà all’interno della comunità e a un sostegno concreto agli esercenti locali, che facendo sacrifici lavorano anche per preservare l’identità del paese e dare un futuro allo stesso.