Quando il mare baciava le Dune in Emilia: le incredibili reliquie del Pleistocene nell’entroterra ferrarese

Dune fossili di Massenzatica: reliquie del Pleistocene nell’entroterra ferrarese, tra natura e storia del Po Delta.

A cura di Redazione
27 agosto 2025 14:00
Quando il mare baciava le Dune in Emilia:  le incredibili reliquie del Pleistocene nell’entroterra ferrarese - Foto: Nicola Quirico/Wikipedia
Foto: Nicola Quirico/Wikipedia
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Nel cuore dell’Emilia Romagna, incastonata tra i rami del Po di Volano e del Po di Goro, si trova una delle aree naturali più sorprendenti e meno conosciute della regione: le Dune Fossili di Massenzatica. Non sono dune qualunque. Questi rilievi sabbiosi affiorano misteriosamente nella pianura coltivata del basso ferrarese, a testimonianza di una geografia che fu, quando il mare Adriatico lambiva queste terre circa 3.000 anni fa, nel periodo tardo del Pleistocene superiore e successivamente durante l’età del Bronzo.

Quella che oggi appare come una tranquilla oasi naturalistica un tempo era una barriera costiera attiva, formata dal gioco incessante di vento e onde, in un contesto climatico e geomorfologico completamente diverso dall’attuale. La sabbia trasportata dai fiumi, sospinta dai venti marini, andò a formare nel tempo cordoni dunosi fossili, poi ricoperti dalla vegetazione e oggi circondati da campi agricoli. Un luogo unico nel suo genere, dove il tempo sembra essersi fermato.

Le origini segrete: quando il mare baciava le dune di sabbia

L’area è oggi tutelata come riserva naturale orientata all’interno del Parco Regionale del Delta del Po e fa parte della rete europea Natura 2000, per il suo valore ambientale e paesaggistico. I suoi 45 ettari, estesi tra i comuni di Mesola e Codigoro, rappresentano una delle ultime testimonianze di sistemi dunali interni in Italia, lontani dalla linea costiera attuale.

Le dune, che raggiungono anche i 6-7 metri di altezza, si distinguono per il loro profilo dolcemente ondulato, che interrompe la piattezza tipica della bassa pianura padana. Percorrendo i sentieri naturalistici segnalati, si entra in contatto con una biodiversità eccezionale: dai lecci centenari alla flora psammofila, adattata a vivere su suolo sabbioso, fino a specie rare di insetti come i coleotteri endemici e le farfalle notturne del Delta.

Ma ciò che sorprende è la presenza regolare di uccelli migratori, tra cui il colorato gruccione, il rapido falco di palude, e l’elegante upupa, che sfruttano quest’area come tappa fondamentale lungo le rotte migratorie. Nei mesi primaverili e autunnali, il cielo sopra le dune si popola di stormi in volo, creando uno spettacolo naturalistico di rara bellezza.

Curiosità: un rifugio segreto per i pipistrelli del Pleistocene

Una particolarità poco nota è la presenza, all’interno delle cavità naturali create dall’azione del vento nelle dune più antiche, di colonie di pipistrelli. In particolare, vi risiede una popolazione stabile del Pipistrello Ferro di Cavallo Minore (Rhinolophus hipposideros), specie protetta a livello europeo e indicatore biologico di ambienti non contaminati.

Questi piccoli mammiferi trovano qui un microclima ideale, umido e riparato, dove rifugiarsi di giorno e cacciare insetti al crepuscolo. La gestione dell’area da parte del WWF ha permesso, attraverso progetti di tutela e censimento, di preservare l’equilibrio delicatissimo di questo habitat, facendo delle Dune Fossili uno dei pochissimi ambienti in pianura dove questi pipistrelli possono sopravvivere in libertà.

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