Rimini, ceto medio sempre più povero: "Serve un reddito di cittadinanza regionale"
La proposta di Emma Petitti: "Una misura che aiuti chi lavora, ma ha stipendio basso, ad affrontare il caro vita"

"Il disagio del ceto medio è il dato nazionale del momento". Così la consigliera regionale Emma Petitti, elogiando l'azione amministrativa degli enti locali (non solo quelli a guida Pd) "In Emilia-Romagna, grazie agli interventi della Regione e delle amministrazioni locali, la tenuta è migliore rispetto ad altre aree del Paese" ma rilevando la necessità di intervenire su "squilibri territoriali profondi, da affrontare con freddezza e lucidità, per costruire misure di sostegno e riequilibrio capaci di proteggere chi lavora e rischia di scivolare nella fragilità".
A Rimini, riferisce Petitti, oltre il 40% dei cittadini dichiara meno di 15.000 euro annui. Il reddito medio si ferma a 24.230 euro, l'inflazione ha invece superato il 2,8% annuo. "Il ceto medio, quello che lavora, paga le tasse e tiene in piedi la comunità, è oggi il più esposto", osserva la consigliera, che invoca misure strutturali. "La strada segnata a Bologna con lo scudo per il ceto medio, promosso dal sindaco Lepore e sostenuta anche dal professor Zamagni, può diventare un riferimento per altri territori. Ma la regia deve essere regionale, per garantire maggiore equità e correggere gli squilibri tra le diverse aree dell’Emilia-Romagna", dice Petitti, che si sofferma sul sistema fiscale: "A Rimini, una famiglia media affronta un’inflazione del 2,8%, che si traduce in un costo aggiuntivo di oltre 770 euro annui, il più alto in Emilia-Romagna (a Reggio Emilia l’aumento minore, pari a circa 220 euro). Una differenza che, tra i diversi territori della regione, può arrivare fino a 550 euro nel corso dell'anno. Le imposte locali, le tariffe dei servizi e le detrazioni fiscali restano uguali ovunque, ignorando il peso reale che grava sulle famiglie. È un paradosso che non può più essere ignorato".
Petitti individua tre possibili misure: un reddito di cittadinanza regionale (un contributo mensile per chi lavora ma non ha risorse sufficienti per fronteggiare il caro vita), il salario minimo garantito, infine "un patto territoriale per l’accesso equo ai servizi essenziali, trasporti, sanità, istruzione, con attenzione alle famiglie a reddito medio".
“La sinistra – conclude Petitti – deve tornare a parlare a chi lavora, a chi ha paura di non farcela, a chi non ha voce. Se il governo ignora il disagio sociale, l’Emilia-Romagna può diventare laboratorio di una nuova stagione di diritti, welfare e sostegno al reddito. Intendo portare queste proposte nel confronto interno al PD, per tradurle in azioni concrete anche in sede regionale".