Tra riti e performance: dal 5 luglio la 54esima Edizione del Santarcangelo Festival
Santarcangelo Festival, protagoniste 30 compagnie italiane e internazionali

La 54esima edizione di Santarcangelo Festival, dal 5 al 14 luglio, invita a immaginare nuove prospettive di coesistenza: rave, cerimonie funebri e pratiche decoloniali sono alcune delle ritualità mediate dallo sguardo di artiste e artisti.
La rassegna multidisciplinare, diretta per il terzo anno da Tomasz Kireńczuk, intende trasformare per 10 giorni attraverso lo sguardo di 30 compagnie italiane e internazionali, oltre 170 spettacoli, 9 dj set e 6 incontri pubblici, il borgo medievale in una “città-festival”.
“Mentre siamo qui ci sono circa 180 conflitti armati in corso – ha spiegato Kireńczuk – Una persona su sei vive in un’area di conflitto attivo, in molti Paesi l’aborto è vietato e l’omosessualità è punita con la morte, i rifugiati muoiono in mare, l’economia predatrice continua a speculare sull’ambiente e sui paesi più poveri, aumentando il divario economico della popolazione. While we are here riflette su un mondo sempre più diviso e in conflitto, ma prova a cercare nuove forme di coesistenza”.
Il programma del Festival è vario nella forma e nelle proposte: Dalila Belaza, coreografa francese di origini algerine, indaga il dialogo tra danze rituali e astrazione; Rive (14 luglio), inventa un cerimoniale in grado di unire mondi e luoghi lontani. La danza, il rito, il rave sono al centro dello spettacolo da cui si sviluppa anche il claim del Festival: “While we are here” di Lisa Vereertbrugghen (6 e 7 luglio), un lavoro per cinque performer su rave culture e techno-folk, su come entrambe queste forme di danza attingano a un desiderio umano di intimità collettiva e perdita di controllo.
Lo studio della ritualità si trova anche nel lavoro site-specific di Valentina Medda, artista interdisciplinare la cui pratica si snoda tra immagine e performance, a Santarcangelo con The Last Lamentation (il 13). Anche Cry Violet, creazione coreografica del duo Panzetti/Ticconi (9 e 10), indaga sul rito, in questo caso utilizzando un codice gestuale che ritrae espressioni di dolore e vergogna ispirate all’iconografia del peccato originale.