Un solo abitante tiene viva la festa centenaria della Madonna di San Biagio

Un cartello scritto a mano, una chiesa seicentesca e... il signor Mario: così resiste la tradizione nella piccola frazione dell'entroterra

A cura di Redazione
15 agosto 2025 06:01
Un solo abitante tiene viva la festa centenaria della Madonna di San Biagio - San Biagio, comune di Novafeltria
San Biagio, comune di Novafeltria
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Di Riccardo Valentini

Tra le centinaia di feste e sagre che animano la vivace estate della Provincia di Rimini, ce n'è una che colpisce per la sua unicità e il suo significato: la Festa della Madonna di San Biagio, una celebrazione che si svolge in un minuscolo borgo dell’entroterra, dove oggi risiede un solo abitante.

San Biagio è una piccola località all’interno della frazione di Sartiano, a circa 35 km da Rimini e appena 5 km da Novafeltria. Un luogo tanto nascosto quanto ricco di storia, il "balcone della Valmarecchia" di cui vi abbiamo già parlato in passato (qui l'articolo).

All’interno della piccola chiesa seicentesca si trova anche una statua di Santa Barbara, patrona dei minatori, acquistata grazie a una sottoscrizione dei minatori della zona, testimonianza dell’anima operaia del territorio. E non mancano leggende: si narra di una bambina colpita da un fulmine mentre suonava le campane della chiesa tramite delle catene che, a differenza delle tradizionali corde, condussero l'elettricità fino a lei in un tragico episodio.

Oggi, così, vogliamo raccontare qualcosa di diverso.

Un solo abitante, una grande festa


San Biagio ha un solo abitante: Mario Celi, 84 anni, ultimo custode del borgo. Eppure, nonostante la solitudine e il tempo che passa, la tradizione della festa della Madonna non si è mai interrotta. Anno dopo anno, da quasi un secolo, la celebrazione si ripete con lo stesso spirito genuino.

La comunicazione, è vero, non è certo quella dei grandi eventi: niente spot in radio o post sui social. L’annuncio arriva tramite un cartello di compensato legato a un segnale stradale, con date e orari scritti a mano e corretti di volta in volta. Eppure, funziona.

Domenica 10 agosto, San Biagio ha vissuto ancora una volta il suo momento di festa: messa, processione, musica e giochi. L’ingresso della stradina non asfaltata è stato decorato con bandierine colorate, e la gente è arrivata da Novafeltria, da Rimini e da altri paesi vicini. Un ragazzo, dalla vicina località Cantina, è arrivato con la fisarmonica, per aggiungere allegria e un ulteriore tocco di tradizione.

Alle 18, sotto il sole cocente di agosto, si è svolta la tradizionale processione verso la celletta di Casalino, anch’essa parte di questa antica tradizione. Un percorso impervio, anch'esso addobbato lungo dalle bandierine, il quale conduce alla piccola reliquia della Madre della Speranza.

Mario Celi, l’ultimo abitante del borgo, è soddisfatto della riuscita dell’evento: “Questa terrazza era piena, la gente arrivava fino a qui… e sono ben 65 metri quadrati!”. “Non abbiamo servito le tagliatelle, ci vuole troppo lavoro. Una volta lo facevamo, perché Sartiano è anche patria delle tagliatelle. Quest’anno abbiamo distribuito panini con la porchetta, cotta  per 8 ore. La gente ha ballato tanto. La terrazza era piena, solo che l’abbiamo catramata e il catrame ha fatto delle onde… l’anno prossimo mettiamo il pavimento!” racconta soddisfatto e orgoglioso.

Non è mancato nemmeno il vino rosso, quello tipico di San Biagio. Eh sì, perché qui anche il vino ha una storia tutta sua: è un mix di uve Merlot e Sangiovese proveniente dalle vigne di Mario e del fratello Lino, piantate ormai un secolo fa dal padre. All’epoca voleva produrre solo Sangiovese, ma sbagliò nell’acquisto delle viti. Un errore che, con il tempo, si è trasformato in un simbolo di questa piccola festa.



Alla domanda su chi organizza tutto, Mario risponde con semplicità: “Mio fratello, insieme alle figlie di alcune persone che abitavano qui e che ora non ci sono più. Fino a poco fa c’era anche mia moglie, ma ora sono rimasto solo io.

La tradizione resiste così nel tempo, grazie a Mario, Lino Celi e a chi, ancora, anno dopo anno, non lascia morire questa meravigliosa storia di comunità, identità e devozione.

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