Rimini, blackout mentali tolgono 4 punti: ma la quadratura del cerchio non è impossibile

Rimini calcio, i blackout portano via i punti. Analisi su cosa funziona e non funziona dopo le prime quattro giornate

A cura di Riccardo Giannini Redazione
21 settembre 2024 06:59
Rimini, blackout mentali tolgono 4 punti: ma la quadratura del cerchio non è impossibile - Un undici del Rimini PH RIMINI FOOTBALL CLUB
Un undici del Rimini PH RIMINI FOOTBALL CLUB
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di Riccardo Giannini

Due pareggi in trasferta, due sconfitte al Neri. Il Rimini ha iniziato la stagione senza vittorie, con prestazioni di buon livello, ma troppi errori di concentrazione che hanno fatto perdere punti preziosi per strada.

Il calendario non ha aiutato: le due squadre che hanno sconfitto il Rimini sono lassù in vetta, a 10 punti: Pescara ed Entella hanno vinto 3 gare su 4, pareggiando rispettivamente contro la forte Ternana e il sorprendente Carpi, matricola affrontata dai ragazzi di Buscè. E proprio il Carpi è tra le outsider a sorpresa di questo primo scorcio di stagione. Sulle qualità di Serpini mi ero già espresso, il buon inizio degli emiliani nasce anche da una campagna acquisti avviata a inizio mercato, con i puntelli in difesa (Panelli e l’ottimo Zagnoni) e rifinita in coda. L’ossatura della squadra è rimasta per grandi linee quella della D e questo ha pagato.

Non si tratta di alibi e giustificazioni, ma di dati di fatto “estrapolati” dal campo. Campo che dice inequivocabilmente quanto la Vis Pesaro sia la rivelazione di questo primo scorcio di stagione. In questo, c’è tanto merito dell’allenatore Roberto Stellone (compresi alcuni sorprendenti cambi di ruolo come Pucciarelli centrale a centrocampo), ma il tecnico era già da alcuni mesi sulla panchina pesarese.

Sul fronte giovani i marchigiani pescano a piene mani dal Venezia – già in evidenza Tavernaro, centrocampista scartato un po’ frettolosamente dal Milan e passato in Laguna – e hanno preso tre ottimi giocatori come Palomba, lo scorso anno all’Olbia, il portiere Vukovic e il difensore Coppola dal Pisa, vivaio ultimamente prolifico. Situazione diversa dal Rimini, che quest’estate ha scelto una nuova guida tecnica e venduto, per ragioni incontestabili di bilancio e di ambizioni dei giocatori, tre dei cinque suoi migliori giocatori.

Da una parte era comprensibile qualche problema di amalgama con un allenatore nuovo, Buscè, dalle idee tattiche diverse da Troise, ma dall’altra c’era anche un mercato avviato in anticipo, con l’ossatura della squadra già costruita in ritiro. Così i 2 punti su 12 a disposizione hanno finito per costituire un bottino un po’ magro, al di là degli episodi sfavorevoli del campo – ma quelli sì, suonano un po’ come un alibi – e ciò ha gettato inquietudine nella mente dei tifosi.

Il Rimini del primo tempo delle gare con Entella (almeno la prima mezz’ora), Pescara e Lucchese è stato un ottimo Rimini. Si è visto un pressing alto convincente, una squadra corta e compatta. Il 4-4-2 proposto al Porta Elisa con la Lucchese potrebbe non essere solo una soluzione di emergenza. Parigi sa giocare vicino ad un altro centravanti; Cernigoi o Ubaldi possano giovarsi della vicinanza di un attaccante mobile e abile nelle sponde. Avere Parigi e Cernigoi significa avere attaccanti che possano proteggere il pallone e far salire la squadra. Non si risparmiano nel pressing ma neppure nelle corse all’indietro, fondamentali per tenere la squadra corta.

Il 4-4-2 in fase di non possesso, infine, permette una buona copertura del campo e soprattutto non lascia i terzini in affanno nell’uno contro uno con avversari di gamba e qualità. I centrocampisti, dal canto loro, hanno nelle corde la pressione sul portatore di palla. I pari ruolo della Lucchese, nel primo tempo, hanno sbagliato diversi passaggi, a causa della pressione costante.

I blackout mentali, anzitutto, che sono costati diversi gol. Quando il Rimini pressa alto, gli avversari sono costretti spesso a fare il lancione in avanti: Gorelli li prende tutti. Il problema è quando il Rimini si difende basso. Non si può avere l’intensità per pressare novanta minuti – neppure se sei il Milan di Pioli o l’Atalanta di Gasperini con giocatori particolarmente performanti dal punto di vista fisico – quindi è necessario lavorare sui raddoppi di marcatura, sulle distanze dai compagni, sull’orientamento delle linee in riferimento alla posizione del pallone. Effettivamente servono tempo, amalgama e conoscenza dei compagni di reparto.

Ma in generale si prende gol per troppe disattenzioni individuali, che in questa categoria non vengono minimamente perdonate, specie quando giochi contro formazioni attrezzate per i piani alti della classifica. Troppe volte, per un po’ di superficialità da parte dei biancorossi nello svolgere i compiti difensivi, l’esterno avversario ha tutto il tempo di portarsi la palla sul piede forte e di pennellare in area per gli attaccanti: inutile dare le colpe a Colombi, chiedendo uscite che neanche Buffon potrebbe fare. Ai difensori centrali manca comunque un po’ di continuità anche a causa degli infortuni.

In generale, nel momento non brillante del Rimini, ci sono anche dunque le responsabilità dei singoli. Longobardi è strepitoso quando parte negli spazi e pressa come un forsennato; ma nella pura fase difensiva deve lavorare tantissimo, a testa bassa (si parlava appunto dei troppi cross concessi…). A centrocampo invece sta mancando un po’ di qualità e un po’ di palleggio. Fiorini deve accelerare il suo inserimento, idem Piccoli. Langella è devastante in pressing, il suo lavoro di schermo davanti alla difesa è fondamentale, però l’ex Pisa probabilmente predilige un gioco più verticale: gli manca il riferimento di Lamesta, l’esterno da innescare rapidamente per letali ripartenze.

In difesa c’è da scegliere i titolari, sperando che gli acciacchi finiscano, a centrocampo recuperare Piccoli alla causa, in attacco proseguire con la doppia punta (e quindi con il 4-4-2). Malagrida e Chiarella possono benissimo fare gli esterni di centrocampo, idem Megelaitis. La quadratura del cerchio non è un rebus, tutt’altro. Lunedì prossimo (23 settembre) al Neri arriva il Milan Futuro, occasione ghiotta per portare a casa i tre punti: i rossoneri sono squadra che finora ha pagato dazio pesantemente all’inesperienza dei propri giocatori, come emerso vistosamente nella partita persa con l’Ascoli.

È però un buon banco di prova per i biancorossi quando saranno chiamati a difendersi bassi e compatti in fase di non possesso, di fronte a una squadra di palleggiatori, e anche per il pressing alto, perché se la palla supera le linee, davanti c’è gente veloce e rapida che può mettere in crisi Gorelli e compagni. Particolarmente temibile la fascia destra del Milan Futuro, con Cuenca e Jimenez, giocatori che per tecnica (entrambi) e doti atletiche (il secondo) non hanno nulla da spartire con la categoria; molto meno la sinistra, con Bozzolan (tra i peggiori con l’Ascoli) e due giocatori poco concreti, Chaka Traoré e Fall.

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