Stop alla cava a Uffogliano: 370 firme in pochi giorni. Preoccupa anche traffico dei camion
Comitato contro la cava di Uffogliano. Dubbi su convenienzae preoccupazioni per il traffico dei mezzi pesanti

Ha raggiunto in pochi giorni le 370 adesioni la raccolta firme dei residenti di Ponte Santa Maria Maddalena-Uffogliano in relazione alla prossima riapertura di parte della cava del Monte Lecceti, nell’area Costantini.
La raccolta firme, portata avanti dal Comitato “stop alla cava”, è stata allegata alle osservazioni presentate al Comune di Novafeltria e alla ditta neo proprietaria dell’area, e inviate al Prefetto di Rimini. “Osservazioni precise e puntuali di contestazione del progetto e richiesta di precisazioni e chiarimenti – evidenziano i promotori – che il tecnico della ditta e gli amministratori comunali non hanno saputo fornire in maniera esauriente”.
Gli aderenti alla protesta ribadiscono la loro “forte preoccupazione in tutta la popolazione con incidenza negativa sulla vita sociale di Ponte Maddalena-Uffogliano”, auspicandosi che “l’amministrazione tenga conto di tutto quanto esposto e si regoli nell’interesse dei suoi concittadini”.
“La zona di cava Costantini non è attiva da oltre 20 anni e nonostante la mancanza di ripristini ambientali previsti dal progetto, si è autonomamente rinverdita e rinaturalizzata; le attività di cava con vibrazioni continue da mine, polveri, rumori e continuo passaggio di camion lungo la strada comunale che attraversa il paese e le case, a raso carreggiata, sono un lontano ricordo che la cittadinanza avrebbe fatto volentieri a meno di riscoprire”, evidenzia il comitato, che attende risposte e promette iniziative di mobilitazione.
Cava di Uffogliano, i dubbi del comitato
Nel dettaglio, come emerso dall’incontro pubblico di presentazione del progetto di escavazioni nella cava, i residenti sono preoccupati anche per l’impatto che avrà, sulla viabilità, la riapertura della cava.
Tra le richieste all’amministrazione, il non utilizzo, da parte dei mezzi pesanti, della via Uffogliano, “strada stretta e inddeguata“, impiegata negli ultimi 20 anni solo per il traffico dei residenti. Serve dunque “una viabilità alternativa, la strada di collegamento dell’altro polo estrattivo confinante sempre sul monte Lecceti”.
La proposta è quella di una “semplice bretella di 100 metri per far confluire il traffico dei camion in partenza dalla cava verso la Marecchiese nella stessa strada comunale già utilizzata”.
Ma i dubbi riguardano anche la riapertura della cava: “Il quantitativo di escavazione previsto di pietra, 95.000 mc, è molto ridotto”. Il comitato si chiede se valga la pena l’apertura ex novo di una nuova attività di estrazione, “per i costi economici ed ambientali che comporta; soprattutto se si tiene conto del fatto che a fronte di un quantitativo così basso di materiale escavato, sono previsti per il recupero ambientale ben mc 67.000 di terra, in gran parte provenienti dall’esterno, per un costo relativo al recupero ambientale oltre 1 milione e 200.000 euro”.
Si prevede infatti l’utilizzo di 67.000 mc di terreno, 55.000 portati dall’esterno da camion che arrivano da altri cantieri: “Per la ricomposizione dei luoghi ed il rimodellamento dei terreni sia utilizzato eventualmente ed esclusivamente il materiale in loco”, è invece la posizione divergente del comitato. In merito al progetto di ripristino ambientale, inoltre, “manca lo stato di fatto e di progetto finale, manca la quantificazione degli adeguati volumi di terreno per la ricomposizione finale dei luoghi”.
Dal punto di vista ambientale, il comitato punta il dito sulla mancanza di un piano di tutela e salvaguardia delle acque sotterranee di falda, in area di protezione, “con il rischio di intaccare nella area di coltivazione le falde acquifere stesse, con la loro dispersione”.
Inoltre, lamenta il comitato, “non è prevista alcuna attività di verifica della grossa frana, che parte a valle della vecchia area di cava e subito a monte dell’abitato di Fontetto, frana che ha uno sviluppo di centinaia di metri e termina nel fiume Marecchia; con il riporto di enormi quantitativi a monte si temono peggioramenti con forte rischio per le abitazioni a valle”.